Cronache

Quei capolavori finiti nel «sacco»

«Il mio sogno? Salvare dalle tarme la Primavera del Botticelli agli Uffizi»

Quei capolavori finiti nel «sacco»

Monica Bottino

C’è un uomo che ha in mente di entrare nella Galleria degli Uffizi di Firenze per mettere nel sacco la «Primavera» del Botticelli. E, magari, impacchettarsi anche la «Nascita di Venere». Ercole Gialdi, del resto, non è nuovo a queste imprese. La più clamorosa è stata quella della Croce di Giotto, capolavoro che era stato relegato nella Chiesa d’Ognissanti, sempre nel capoluogo toscano, e che lui ha riportato «in salute». L’ingegnere nucleare, genovese d’adozione, per le sue iniziative nel campo dell’arte è noto in tutto il mondo: è lui, infatti, che ha inventato la prima macchina in grado di «ripulire» ogni opera realizzata in legno, carta o su tela, da qualunque forma di tarlo o muffa che la intacchi. Un sistema che, a differenza di quasi tutti quelli utilizzati nel corso degli anni, è assolutamente innocuo per la salute di chi viene in contatto con queste opere. Con il sistema «Veloxy» (Very Low Oxygen) - già utilizzato nel Museo di Storia Naturale di Stoccolma, nell’Istituto nazionale per il restauro e la conservazione dei Beni culturali in Spagna, e utilizzato anche nei Musei Vaticani -, libri, quadri o qualunque altra opera che sia colpita dalle tarme, viene inserita in una specie di sacchetto da cui viene estratto tutto l’ossigeno che arriva alla fine a una percentuale minima dello 0,1 per cento. Di conseguenza tutti gli insetti e le loro larve contenute nell’oggetto vengono uccisi da una componente inerte dell’atmosfera, l’azoto. «Il sistema che utilizzo è semplicissimo - spiega Gialdi che viaggia in tutto il mondo con i suoi piccoli macchinari al seguito richiamato da istituzioni culturali alle prese con scomodi inquilini -, basta chiudere in speciali involucri le opere per tre settimane. L’aria priva di ossigeno sopprime qualsiasi insetto a qualunque stadio del ciclo vitale, comprese larve e uova. In Italia, per esempio è stata mia cliente la collezione Aldini conservata presso la Biblioteca Nazionale Marciana. Quell’archivio conosciuto in tutto il mondo era invaso dalla tarme, che dopo il nostro trattamento sono sparite e non sono più ricomparse».
La vasta applicazione del sistema è possibile grazie al costo molto contenuto dell’intervento. «Bastano poche migliaia di euro per applicare il sistema - spiega l’ingegnere - e il problema viene risolto senza l’impiego di sostanze dannose per la salute di chi esegue la disinfestazione e di quanti lavorano poi a contatto con queste opere».
Ma come viene a un ingegnere nucleare l’idea di far fortuna ripulendo opere d’arte? «La prima parte della mia carriera si è chiusa con l’incidente di Chernobyl - racconta Gialdi - da lì al referendum contro il nucleare in Italia e alla fine dei progetti di lavoro il passo è stato breve... Mi sono dovuto reinventare». Gialdi è un esperto di fluidodinamica, dopo aver lavorato in aziende come Ansaldo e Agip ha creato una società diventata subito capocommessa per il progetto di un macchinario per la produzione di ossigeno negli allevamenti di pesce. «Mi sono detto: vediamo quali altre applicazioni può avere.. fu un lampo - racconta Gialdi -. Dopo poco vinsi il premio nazionale “Rubbia” nel 1993 davanti al Cnr e all’Alenia... fu un successone. Misi a punto il macchinario che elimina l’ossigeno e cominciai a commercializzarlo... Adesso alla biblioteca di Beirut c’è uno dei miei apparecchi». Non solo, il «Veloxy» è arrivato nei musei di Nuova Delhi, ma trattative sono in corso per «ripulire» l’archivio storico del Monte Athos in Grecia, e alla New York University. Ercole Gialdi trascorre la maggior parte dell’anno viaggiando qua e là per il mondo. «Mi diverto, è più che comprensibile, visto che guadagno facendo un lavoro meraviglioso in mezzo ai tesori», spiega l’ingegnere che ha già in programma di studiare nuove applicazioni alla sua scoperta, per esempio in campo medico. «Anche i virus e i batteri hanno bisogno dell’ossigeno per vivere, altrimenti muoiono - spiega Gialdi -, quindi le applicazioni nelle terapie possono essere veramente rivoluzionarie, trovando il modo di realizzarle».
Dopo i successi e i riconoscimenti - all’estero più che in Italia - a Ercole Gialdi resta un sogno nel cassetto. «Vorrei collaborare con gli Uffizi per risanare la Primavera di Botticelli - racconta -, l’ho proposto al direttore, ma mi hanno detto che non hanno soldi per questo progetto. Basterebbe trovare anche uno sponsor piccolo, credo che sarebbero sufficienti duemila euro».

Chi ama la Primavera si faccia avanti.

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