Politica

Quei criminali spietati che ora pretendono pietà

Il killer della Uno Bianca vuole essere trasferito e la coppia assassina di Erba chiede di stare nella stessa cella. Forse stiamo esagerando...

La pena di morte non esiste più da tempo in Italia, e ho la convinzione che questo sia un segno di civiltà. In buona sostanza non esiste nemmeno l’ergastolo - anche se teoricamente in vigore - perché dopo trent’anni di detenzione il più efferato assassino torna in libertà. Il carcere è stato umanizzato, e non abbiamo motivo di dolercene. Possiamo concordare sul fatto che la pena debba, in linea di principio, essere rieducativa oltre che afflittiva - le anime belle la vorrebbero solo rieducativa - e che dunque sia lasciata anche al peggiore criminale una fiammella di speranza. Ma, per dirlo con franchezza, i piagnistei e le proteste di feroci massacratori, il loro appellarsi ai buoni sentimenti altrui, ci hanno un po’ stufato. Gemono questi condannati, dalle loro celle in penitenziari che non sono lo Spielberg, perché hanno famiglia, e non possono abbandonarla, ne sarebbero straziati. Alle famiglie che loro hanno straziato dedicano qualche frase di maniera.
Si dispera e fa lo sciopero della fame, nel carcere di Voghera, Fabio Savi che partecipò ai 24 omicidi - diconsi 24 - compiuti in Romagna, tra il 1987 e il 1994, dalla banda della Uno Bianca. Ammette il Savi d’avere sbagliato. E pensare che il fratello e complice, Roberto, nel 2006 aveva persino avanzato richiesta per la grazia, poi ritirata. Adesso Fabio Savi rivendica - tramite il suo legale - la tranquillità di una cella singola, perché stare con i mafiosi gli dà ribrezzo, e poi un lavoro per poter sostentare la famiglia. E ancora. La moglie ha un’occupazione a Firenze, e lui vorrebbe essere trasferito in Toscana. I congiunti delle vittime di Savi non si sono lasciati intenerire da queste invocazioni. Lapidariamente Rosanna Zecchi ha detto: «Noi non possiamo perdonare e nemmeno avere pietà. Lui con i nostri non ne ha avuta».
Sono in ambasce anche i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi, cui è stato inflitto l’ergastolo per la strage di Erba dell’11 novembre 2006. Sicuramente quella coppia truce è unita da un legame profondo, il loro amore è stato l’unico barbaglio di luce nella tenebra d’una vicenda terribile. Proprio tenendo conto di quel barbaglio, penso, il giudice di sorveglianza di Reggio Emilia Nadia Buttelli ha chiesto «di conoscere i motivi per cui Olindo e Rosa sono stati allontanati dal carcere di Como e divisi, sebbene non fossero mai stati segnalati problemi». In verità i problemi c’erano stati in precedenza. Comunque i due possono avere colloqui periodici. Avvicinarli? Lo si faccia pure, l’importante è che rimangano dentro. La pensa così anche Azouz Marzouk che nell’eccidio spaventoso perse moglie, figlio e suocera. Azouz Marzouk, espulso dopo un patteggiamento per spaccio di droga, ha fatto sapere che sarà presto in Italia.

Per essere sinceri, di questo avvicinamento faremmo volentieri a meno.

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