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Quei killer mafiosi che sparano sul premier

Per anni il processo a Borsellino si è basato sulle dichiarazioni di Scarantino e Candura. Ora Spatuzza li smentisce e diventa credibile solo perché tira in ballo Berlusconi e Dell'Utri. Pentiti a senso unico: verità a due facce. La fedina dei pentiti su cui puntano le procure

Quei killer mafiosi che sparano sul premier

Per quasi tutti è ’u tignusu, il calvo. Quasi. Sì, perché altri invece lo chiamano ’u ziu, lo zio, oppure sul colpo, per la velocità di esecuzione di ciò che fa, specie gli omicidi, decine quelli a suo carico. E di tempismo ne ha davvero Gaspare Spatuzza, l’uomo della provvidenza delle procure, il dichiarante che dal luglio del 2008 - undici anni dopo il suo arresto, il 2 luglio del ’97 - sta riscrivendo la storia delle stragi di mafia del ’92 e del ’93 ma che, soprattutto, sta chiamando in causa i soliti noti, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri. Li ha indicati (per deduzione) come i politici con cui quelli che chiama «i miei padri» - alias i fratelli capimafia di Brancaccio Giuseppe e Filippo Graviano - trattavano per fermare le stragi. Una trattativa lunga, durata sino al 2003, 2004, giura.

E poco importa se poi i conti non tornano, visto che i Graviano sono in carcere dal 27 gennaio del 1994, e che lo stesso Spatuzza, a quell’epoca, era uno stimato killer in carriera, ma un signor nessuno quanto a galloni nell’organigramma mafioso: infatti, parola di un altro pentito di rango, come Giovanni Brusca - fu “combinato” (affiliato all’organizzazione, ndr) solo alla fine del ’95.

Misteri. Misteri di una trama che oggi sembra puntare dritto al premier e che, insieme a Spatuzza, vede protagonisti altri illustri capimafia e killer: i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, i boss di Brancaccio pluriassassini con sulle spalle diversi ergastoli tra cui quello per essere i mandanti dell’omicidio di padre Pino Puglisi e quello per la strage di via dei Georgofili a Firenze; e un altro assassino pentito, Salvatore Grigoli, killer, con Spatuzza, di padre Puglisi e rapitore del piccolo Giuseppe Di Matteo, il bambino sequestrato e sciolto nell’acido.

Una bella compagnia: due super-killer e due boss di rango. L’accusatore, Spatuzza, quinta elementare, indoratore di mestiere (ha imbiancato casa anche ai compagni di merende mafiose) ha un ottimo cursus honorum come killer. Impossibile elencare tutti gli omicidi che lo hanno visto interpretare il suo ruolo preferito, quello di assassino. Forse neanche lui, elemento di punta del gruppo di fuoco di Brancaccio, sa elencare tutte le persone che ha ammazzato. Certo ricorda padre Pino Puglisi il parroco cui ha dato il colpo di grazia, il 15 settembre del 1993. E forse ricorda pure la mattanza del 1995, quando strozzò personalmente un giovane, Gianmatteo Sole, e uccise svariate persone tra cui Domingo Buscetta, il nipote del celebre don Masino. E poi le stragi: quella di via D’Amelio, il 19 luglio del ’92, per la quale Spatuzza si è autoaccusato del furto dell’autobomba facendo crollare i processi già celebrati, e quelle del ’93 di Roma, Firenze e Milano, compresa quella, non portata a termine, contro i carabinieri, allo Stadio Olimpico della Capitale.

Killer preciso ma soprattutto fine osservatore, Spatuzza. Non a caso la sua specializzazione era «dare la battuta», indicare cioè al commando la posizione del bersaglio e il momento più favorevole per l’azione. Assassino provetto ma anche pronto a dare una mano, in tutti i campi. Come quella volta che per tenere fuori dai guai un boss che aveva messo incinta una studentessa organizzò tutto personalmente. A modo suo: irruzione nell’appartamento che la giovane fuori sede divideva con un’amica, e aborto a casa, grazie all’iniezione di un farmaco fornito da un medico compiacente.
Sempre pronto, sempre a disposizione della cosca, ’u tignusu. Anche per le piccole necessità. Come il telefonino cellulare (intestato a un cugino della moglie di Spatuzza) trovato al momento dell’arresto, a Milano, il 27 gennaio del 1994, di Giuseppe e Filippo Graviano. Già, gli ex ras incontrastati di Brancaccio mandanti dell’omicidio di padre Puglisi, i capimafia di rango che amavano la bella vita - la loro mamma aveva una suite riservata nell’albergo di lusso che loro si erano fatti costruire nel quartiere Brancaccio, il San Paolo Palace - e che nelle svariate attività criminose impegnavano tutti ma proprio tutti, compresa ’a picciridda, la bambina, la sorella minore Nunzia.

Da quel lontano 1994 quando furono arrestati all’ombra della Madonnina, i Graviano non hanno mai parlato. Rampolli di una storica famiglia mafiosa, sono persino riusciti, mentre erano detenuti in regime di 41 bis, a concepire con la fecondazione artificiale due figli. Accadde nell’estate del ’96, gli inquirenti se ne accorsero perché le due signore - dopo il parto in una clinica di Nizza - portarono i neonati a conoscere i papà. Non hanno mai parlato, i Graviano, se non per dirsi innocenti della miriade di accuse che pesano sulla loro testa e per cercare di campare a spese dello Stato. Sì, perché a fronte della confisca di un patrimonio pari a oltre 400 miliardi di vecchie lire, nel 2002 Giuseppe Graviano ha chiesto - poi gli è stato revocato ed è stato denunciato per tentata truffa - il gratuito patrocinio per indigenza. Non hanno parlato, mai.

Per questo suona stonato il comportamento che i fratelli stanno tenendo adesso, rispetto alle dichiarazioni del loro ex amico Spatuzza. Lo scorso 28 settembre, durante un processo, Giuseppe Graviano ha spiazzato tutti, ammettendo di essere stato affiliato a Cosa nostra confermando in parte le parole di Spatuzza, a proposito di un incontro. Il fratello, Filippo Graviano, nel faccia a faccia con ’u tignusu, ha ripetuto più volte attestati di stima per l’ex fedelissimo.
Si vedrà. Intanto Spatuzza una conferma alle sue dichiarazioni l’ha già trovata. Grazie ad un compagno di omicidi, il pentito Salvatore Grigoli, suo partner nell’uccisione di padre Puglisi. Grigoli, anche lui ottimo curriculum di omicidi - ha fatto pure parte del commando che ha sequestrato il piccolo Di Matteo - è stato ascoltato a Firenze.

E non è escluso che i suoi verbali finiscano agli atti del processo di Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa a Marcello Dell’Utri. Due gemelli, Spatuzza e Grigoli. Gemelli come killer e gemelli nell’approccio mistico al pentimento. Entrambi, oltre i vantaggi umani per la collaborazione, invocano pure il perdono divino. Con buona pace delle vittime che hanno ucciso senza pietà.

E con buona pace della giustizia, visto che i pm si affidano ciecamente a simili assassini.

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