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Quei sindaci Pdl che frenano il Piano casa

Basta con gli enti locali che oggi ostacolano l’aumento della cubatura delle abitazioni voluto dal governo Bisogna liberalizzare per dare ossigeno all’economia. L’alibi ambientalista? L’ultimo baluardo del socialismo reale

Quei sindaci Pdl che frenano il Piano casa

È di queste ore la notizia - diffusa dall’Istat - che nel secondo semestre del 2009 la disoccupazione sarebbe giunta al 7,4 per cento, crescendo di parecchi decimali rispetto alla situazione dello scorso anno (quando era al 6,7%). In questo quadro, è davvero fondamentale che le amministrazioni di centrodestra e di centrosinistra agiscano in maniera responsabile e non pongano più intralci di fronte a un piano-casa governativo che ha il proprio punto saliente nel restituire un maggiore controllo dei beni immobili ai proprietari stessi. In particolare, i sindaci di Pdl e Lega dovrebbero agire in sintonia con un provvedimento che punta ad allargare gli spazi d’iniziativa e di conseguenza può aiutare l’economia nel suo insieme ad uscire dalle difficoltà del momento.
Appare francamente incomprensibile che amministrazioni non di sinistra e anche di città importanti sembrino voler svuotare il provvedimento governativo o addirittura ostacolarlo nei suoi obiettivi principali. Questi amministratori dovrebbero comprendere meglio di altri il carattere intimamente liberale del Piano Casa, soprattutto laddove permette di demolire e ricostruire con un bonus del 35%: permettere ai privati di disporre di maggiori cubature, e quindi attribuire a un gran numero di famiglie la possibilità di abbellire e ingrandire la propria abitazione, non è tanto e in primo luogo una misura keynesiana, anche se talvolta è stata letta in questi termini. Non si tratta tanto di far crescere i consumi (quali che siano) e creare artificiosamente attività in questo o in quel settore, ma invece di restituire il controllo delle loro case ai legittimi titolari: sottraendole a quegli amministratori locali che per decenni hanno costruito le loro fortune politiche, e spesso anche i loro personali arricchimenti, tramite la gestione dei piani regolatori e l’esercizio di un potere d’interdizione su questa o quell’iniziativa.
Che vi sia più di un elemento criminale nella gestione pubblica dei suoli e delle città, da Nord a Sud, è cosa ben nota. D’altra parte, se un’amministrazione può - con un semplice tratto di penna - arricchire il proprietario di un terreno moltiplicando i suoi indici di edificabilità, non c’è poi da stupirsi se la politica locale diventa quasi esclusivamente un affare nelle mani di geometri e architetti. Ma c’è qualcosa di più grave da superare: perché oltre a un evidente coagulo di interessi personali e di partito c’è pure un’ideologia, variamente statalista ed ecologista, che è schierata a difesa del presente. E non a caso in questi giorni molte associazioni verdi stanno esercitando forti pressioni su sindaci e assessori, trovando ascolto anche in amministrazioni moderate.
Si tratta della cultura dirigista di chi pretende di gestire la società dall’alto, trattandoci come sudditi. Ma è una visione che va messa in discussione, soprattutto alla luce dei risultati ottenuti in questi decenni. Per giunta, a chi sostiene che il Piano Casa potrebbe produrre un’esplosione urbanistica irrazionale va risposto che difficilmente questo potrà avvenire se non si metteranno in campo progetti di «stimolo» o cose simili. In linea di massima, infatti, i privati agiscono in maniera oculata, poiché non vogliono buttare i loro soldi. Di conseguenza non costruiranno dove non c’è domanda. Il fatto che ognuno possa produrre mobili o libri non ha sommerso il Paese con l’uno o l’altro bene, ma invece ha permesso lo svilupparsi di un vero mercato in questi settori.
Il guaio è che l’urbanistica è uno degli ultimi fortini del socialismo reale, tanto che nel linguaggio di chi opera in questo ambito regge ancora un termine come «pianificazione», ormai fuori gioco altrove. Ma è per questo motivo che si tratta di un comparto produttivo che più di altri ha bisogno di essere liberalizzato, restituendo ai proprietari e alle norme del diritto civile la gestione dei suoli e di ciò che ne deriva.
Ritardare o impedire l’adozione del Piano Casa renderà gli amministratori locali responsabili di molte difficoltà legate alla crisi, per superare la quale non c’è bisogno di più consumi, e neppure di aiuti a questo o quel settore. C’è invece bisogno che lo Stato e le sue articolazioni territoriali riducano il loro controllo sulla vita economica e ridiano spazio alle logiche degli imprenditori.
carlo.

lottieri@brunoleoni.it

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