Quei tessuti cinesi che raccontano un mondo lontano

Una mostra evento per la conclusione dell'anno culturale della Cina in Italia, in collaborazione con l'università degli studi di Milano (dipartimento Lamberto Malatesta) e quella di Bergamo.
Patrocinata dal ministero per i Beni Culturali, dalla Regione Lombardia e dell'ambasciata cinese a Roma, l'esposizione «Intrecci cinesi. Arte tessile antica dal XV al XIX secolo», allestita nel suggestivo spazio Moshe Tabibnia di via Brera 3, che chiuderà i battenti il 10 dicembre, è un'occasione unica per potere ammirare l'antica arte tessile cinese e comprendere lo studio di alcuni tra i più importanti esemplari di tappeti e tessuti cinesi dall'antichità ad oggi.
Una mostra che è in grado di valorizzare la storia dell'arte tessile e dell'intreccio culturale tra Oriente e Occidente. Un legame più che mai leggibile nella millenaria arte tessile, i cui manufatti sono da sempre espressione dei grandi imperi e del lavoro manuale di uomini e donne. Sono circa una cinquantina questi pezzi rari e meraavigliosi presenti in mostra, tra tappeti, arazzi e tessuti provenienti dalla Cina e dal Turkestan Orientale, la prima tappa verso occidente sulla «via della seta» e primo luogo di contaminazione tra culture diverse. Anche quest'ultima tappa culturale segna anche il gemellaggio tra Milano e Shanghai, un legame iniziato nel 1979 che prelude alla prossima esposizione internazionale.
L'arte tessile e in particolare quella del tappeto orientale, è intrinsecamente legata all'antica Cina poichè, proprio in questo immenso territorio, un tempo remoto e inaccessibile, i motivi decorativi maggiormente presenti sui manufatti tessili, elaborati in seguito in Asia Medio Cinese e in Europa, hanno avuto origine nella vastissimo territorio fino dalle origini.
Tra le opere di straordinaria bellezza si possono ammirare di epoca Ming un tappeto a decorazione floreale del XVI secolo (Collezione Matam) di 4,70 per 202 centimetri; questo grande esemplare riporta fiori di loto stilizzati, foglie, boccioli e tralci, realizzato nello stile imperiale potrebbe essere stato tessuto appositamente per uno dei palazzi dell'imperatore.
Un'altra meraviglia è il «Tappeto per cerimonia» della prima metà del XVII secolo della dinastia Ming della medesima collezione del tappeto sopra citato, di 111 per 111 centimetri, un quadrato perfetto ricco di draghi che campeggiano alti nel cielo e che sovrastano la montagna primordiale. I draghi sono il simbolo delle divinità cosmiche garanti dell'equilibrio delle forze della natura e dello stesso universo; essi hanno rappresentato per secoli la sovranità imperiali alla quale venivano attribuite tutte le qualità divine.
La galleria Moshe Tabibnia è da sempre impegnata nello studio e nella divulgazione dell'arte tessile antica e attiva nella promozione del museo d'arte antica tessile, la cui realizzazione e promozione è motivo di orgoglio della Cina perché all'avanguardia nella ricerca scientifica e nei criteri di indagine tradizionalmente applicati alle arti. Alla mostra continuano ad essere legate una serie di conferenze come «La visione del Kathai nei tessuti europei dal XIV al XVIII secolo». Ieri è stata la volta di Chiara Buss, direttore del dipartimento delle arti applicate dell'Isal (Istituto per la storia dell'arte lombarda) e membro del consiglio direttivo del Cieta (Centre international d'etude des textiles anciens de Lyon).

Alla mostra, come sul catalogo che l'accompagna, è possibile comprendere la storia degli esemplari esposti come il tappeto «Khotan» a melograni del XVIII secolo, o di quello «Ningxia» con draghi e nubi del XVII secolo oppure ancora il tappeto «Giovinetti a valli con capre» del Medio periodo Ming. (la galleria è aperta da martedì a sabato dalle 10 alle 19).

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