Quel bravo ragazzo di nome Giuliani

Quel bravo ragazzo di nome Giuliani

Carissimo dottor Lussana, per la prima volta in vita mia prendo carta e penna per scrivere a un giornale e dire la mia. Più che scrivere, infatti, preferisco leggere, ma questa è un’altra storia. Veniamo ai fatti di piazza Alimonda. Il 21 novembre scorso ho letto la pagina 46 del nostro giornale, la pagina dedicata a «la parola ai lettori». Dopo sei anni di baggianate scritte e lette su questo ed altri giornali spesso sotto forma di lettere, nessuno sembra aver capito nulla di come siano andate le cose esattamente. Quel giorno di luglio 2001, il «povero martire» Carlo Giuliani passava per caso da piazza Alimonda per andare al mare, trovandosi in mezzo a quella confusione, non capendo cosa stava succedendo si trova ad inciampare in un estintore che si trovava lì per terra. Allora lui cosa fa? Da bravo ragazzo qual era si china, lo solleva da terra prendendolo tra le mani e si avvicina a una camionetta dei carabinieri per consegnarlo in mani più sicure onde evitare spiacevoli conseguenze. In qual momento avviene un malinteso tra quell’«assassino» e «delinquente» del carabiniere e il «povero e bravo ragazzo Carlo Giuliani». Il carabiniere pensando a un gesto sconsiderato prende la pistola d’ordinanza e spara contro quel povero ragazzo uccidendolo. Tutto il resto è noia come direbbe Franco Califano. Adesso vi è chiara la storia?

Sì, la storia è chiara. Da sempre. La Sua versione dei fatti, caro lettore, è pari pari quella accreditata ufficialmente, senza se e senza ma, dai no global, dalla maggior parte della sinistra di lotta e di governo, dagli opinionisti da salotto, e dagli stessi genitori che pure conoscevano bene (ma non benissimo, per loro stessa ammissione, negli ultimi anni) i comportamenti e le frequentazioni di Carlo. L’unica differenza - diciamo così... - è che Lei ne fa una trasposizione fedele, ma condita d’amaro sarcasmo. La versione autentica, invece, è tutt’altro che quella «ufficiale».

La sa chiunque ha vissuto quei giorni e ne ha un ricordo indelebile, ma la sanno anche i no global, la maggior parte della sinistra di lotta e di governo, gli opinionisti da salotto e gli stessi genitori. Persino le pietre di piazza Alimonda. Che hanno visto una giovane Vita finire per una causa sbagliata.

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