E alla fine Santoro restò con un pugno di gnocca. Povero Michele: doveva proclamarci il nuovo verbo della Tv. Invece non è andato al di là di un sostantivo, nemmeno troppo nuovo, per la verità. Anzi, piuttosto abusato. Non che lui non ce l'abbia messa tutta: le inchieste, Milano, Napoli, la Calabria, San Marino, la criminalità, la mafia, la 'ndrangheta, l'evasione fiscale. Non c'è che dire: ha tirato fuori proprio tutto il suo antico armamentario, Sandro Ruotolo, l'impegno, Sciuscià, la ex Cirielli, All Iberian e il caso Mills. Eppure, niente da fare: l'unica cosa che resta della sua trasmissione è quel fuori onda malandrino. «Gnocca senza testa». E il nuovo gioco di società che si è scatenato lì attorno: chi avrà mai pronunciato la frase dello scandalo?
È successo giovedì, come ormai tutti sanno. Nello studio di AnnoZero Rula Jebreal sta intervistando Di Pietro. E a qualcuno, non si sa chi, scappa un commento non propriamente lusinghiero sull'intervistatrice: «Gnocca senza testa». La frase viene immediatamente ripresa su Internet, poi da Striscia e quindi da giornali, telegiornali, settimanali, forum tv. È tutto un interrogarsi: chi è il colpevole di tale affronto? Sarà stato Di Pietro? Renato Brunetta? Marco Travaglio o il nostro Filippo Facci? Il vignettista Vauro o addirittura il medesimo Santoro?
Pronti via, ecco lo scontro. Mills? La giustizia? La ex Cirielli? Macché: il vero scontro è sulla gnocca. E subito assume i toni accesi che piacciono al miglior Santoro. Vauro mena fendenti: «Noi in Toscana non diciamo gnocca ma passera». Brunetta si difende appellandosi al suo accento veneziano. Di Pietro invece si rimette la toga da Lingue Pulite e torna all'accusa: «Frase da condannare». Travaglio e Facci per la prima volta nella loro vita si trovano d'accordo e con un'inedita alleanza legal-trasversale (più o meno pene? Che importa: si parla di gnocca) puntano il dito contro l'anziano professor Giulio Sapelli, stimato economista. Il quale, angosciato, per difendersi sceglie una delle migliori cattedre europee di gnoccologia finanziaria: il settimanale Chi.
Voi capirete: finalmente il dibattito che tutto il Paese aspettava. E ci voleva proprio Santoro per accenderlo. Valeva la pena aspettarlo per cinque anni. Valeva la pena cresimarlo martire. Valeva la pena farlo ritornare in anticipo da Bruxelles, sottraendolo alla pennichella europea. Valeva la pena caricare il suo ritorno di messianica attesa, ripetendo all'infinito «riecco finalmente l'informazione in Tv». Valeva la pena perché nessun altro è come lui. E infatti lui, appena arrivato, da grande maestro qual è, ha subito scatenato la polemica vibrante, intensa, destinata a incidere nel tessuto sociale del Paese e segnare la storia della democrazia: chi avrà parlato di gnocca in Tv?
Proprio come ai tempi d'oro. Certo qualcosa è cambiato. Una volta da Santoro c'era da battersi e contro Santoro si finiva battuti. Ora, invece, ci sono le battute. Pazienza. L'auditel zoppica, ma in compenso impazza Striscia. Non è vero, però, come dicono i critici che la trasmissione non fa più opinione: basta andare su web. Fra i tormentoni più cliccati ci sono la testata di Zidane a Materazzi, il nuovo inno di Fiorello «Sto cercando sai, di diventare gay», il navigatore che parla come Ranzani di Zelig e l'insulto di AnnoZero. Basta accontentarsi. Nelle vecchie piazze di Santoro quando si parlava di teste si pensava ai testimoni dell'accusa. Nella nuova piazza si pensa alle teste delle showgirl. Michele chi? Quello della gnocca. Non a caso il simbolo della trasmissione è un cubo, come nelle discoteche alla moda.
Del resto, come stupirsi? Questa è la legislatura che verrà ricordata per il solenne dibattito intorno al tema «dove fa la pipì Luxuria». Dunque Santoro può anche rassegnarsi a essere ricordato per il fuori onda con l'insulto. Forse, da genio qual è, se l'aspettava pure un po': ma sì, dai, quel colore biondo-rossiccio dei capelli era stato scelto appositamente per essere finalmente all'altezza di Biscardi.
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