RomaSette franchi tiratori e sul primo di tre voti segreti il governo va sotto. Colpa delle assenze, ma pure di una buona dose di confusione, se prima che si apra la votazione partono indicazioni diverse dagli stessi deputati della maggioranza. Il pdl Manlio Contento invita a votare «sì», il leghista Matteo Brigandì «no». Così i due gruppi vanno un po nel caos e la frittata è fatta. Insomma, questa volta la consueta pattuglia di scontenti gioca un ruolo solo marginale. Perché, spiega Osvaldo Napoli, è vero che «la loro presenza è fisiologica» ma se non ci fossero state quelle che Alfredo Mantovano chiama «difficoltà organizzative» lemendamento sulla banca dati del Dna sarebbe passato.
Lo scivolone, però, non passa inosservato. Anche perché, memore del blitz di qualche settimana fa sui tempi di permanenza dei clandestini nei Cie, la Lega aveva già chiesto e ottenuto il voto di fiducia sullintero ddl sicurezza. Daltra parte, dice Roberto Cota, «fidarsi e bene ma non fidarsi è meglio». Soprattutto dove lincomprensione dei giorni scorsi con Gianfranco Fini, che da presidente della Camera un certo ascendente sulla gestione dei lavori parlamentari - voti segreti compresi - ce lha. A Roberto Maroni, infatti, non è andata affatto giù la vicenda della lettera sui presidi-spia, missiva inviata al ministro dellInterno proprio da Fini. Che dopo avergli raccomandato la «massima riservatezza» e aver ottenuto da Maroni limpegno a trovare una soluzione ha pensato bene - questa la ricostruzione del ministro leghista - di «darla in pasto ai giornali». E allora, «avanti con la fiducia». Sull ddl sicurezza e, porta a casa il Guardasigilli Angelino Alfano, anche sul ddl intercettazioni. Insomma pari e patta.
Daltra parte - e non a torto - nel Carroccio sono sempre più convinti che «in vista della tornata elettorale nel Pdl le acque si vadano agitando». Il silenzio di Roberto Calderoli interpellato sullargomento è piuttosto eloquente. E non centra solo la freddezza degli ultimi giorni tra Silvio Berlusconi e Fini, perché non è un mistero che il Cavaliere non abbia affatto gradito la citazione di FareFaturo nel primo jaccuse di Veronica Lario. La moglie del premier, infatti, sarebbe scesa in campo contro il «ciarpame senza pudore» in risposta al dibattito aperto dalla fondazione presieduta da Gianfranco Fini con un corsivo firmato da Sofia Ventura, docente universitaria di scuola radicale e allieva di Angelo Panebianco. Una ricostruzione, puntualizza Benedetto Della Vedova, che «mi fa sorridere» perché «lintento di quellarticolo non era certo fare gossip».
Interpretazioni a parte, di certo cè che la Lario cita FareFuturo, fondazione - fanno notare a Palazzo Grazioli - che in questi ultimi mesi più volte ha dato voce alle posizioni di Fini (sul testamento biologico come sulle ronde). E che in queste ore i rapporti tra premier e presidente della Camera si sono diradati come non succedeva da tempo. Non a caso, anche nel Cda Rai di oggi non si dovrebbe discutere il capitolo nomine, perché ci si continua a ad arrovellare sul nodo Mauro Mazza. La componente An lo aveva inizialmente candidato al Tg1 e oggi si «accontenterebbe» di vederlo alla direzione di Raiuno nonostante a Palazzo Chigi continuino a storcere il naso.
Sul tavolo del Pdl, però, è soprattutto la campagna elettorale ormai alle porte ad agitare gli animi. Gli ex di An, infatti, forti di un buon controllo del territorio, sono decisi a sfruttare le preferenze per cercare di far saltare la famosa quota 70-30 messa nero su bianco prima della nascita del Pdl. Ed è proprio questa la ragione per cui Ignazio La Russa ha deciso a sorpresa di candidarsi al secondo posto nella circoscrizione Nord-Ovest, subito dopo Berlusconi. A sorpresa perché laccordo era che nessun ministro sarebbe sceso in campo. Ma La Russa - che come gli altri coordinatori del Pdl aveva la titolarità della firma per chiudere le liste - ha deciso il blitz allultimo minuto mandando su tutte le furie non solo il Cavaliere ma anche la componente ciellina di Forza Italia. Il suo ingresso, infatti, ha fatto slittare al terzo posto in lista Mario Mauro, candidato alla presidenza del Parlamento europeo per il quale il premier si stava spendendo al congresso del Ppe di Varsavia proprio nelle ore in cui a Roma si chiudevano le liste.
Una scelta, quella di La Russa, che ha lobiettivo di catalizzare più voti possibili sulla componente di An e portare a casa una buona percentuale di eletti al Parlamento europeo.
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