Cultura e Spettacoli

Quel visionario «Processo» è uno spettacolo di classe

Il romanzo di Kafka nella rilettura di Battistini

Enrico Groppali

In quale modo si debba proporre al pubblico, sulle tavole del palcoscenico o nello spazio del set, quell’insolito capolavoro che è Il processo di Franz Kafka è materia di pura congettura. A cominciare dagli adattamenti a noi noti del gran testo, dalla rilettura in chiave di esasperato pessimismo che a suo tempo André Gide confezionò su misura per Barrault a quella che, negli anni Settanta, il compianto Angelo Maria Ripellino approntò per uno degli spettacoli più dolorosi e ispirati di Mario Missiroli. Poche volte tuttavia volte ci era capitato di assistere a una lettura suggestiva come quella di Andrea Battistini (autore anche dell’adattamento) di cui già conoscevamo un assaggio quando il regista, poco meno di due anni or sono, ne offrì nella nostra lingua una versione sostenuta dalla mirabile coesione di una troupe moldava. Cos’è cambiato, nel frattempo, nell’interpretazione di questo apologo straziante dominato da cima a fondo dall’ala radente della morte della solitudine e della totale incomunicabilità tra gli umani? Innanzi tutto la cornice scenica di Carmelo Giammello, ben più articolata e sinistra della precedente, dove sia gli scarni arredi che individuano, nel buio amniotico che cala sul palco, la hall della misera pensione dove alloggia Josef K. sia lo studio-bordello dove regna, come un sovrano su una città in liquidazione, l’Avvocato obbediscono alla logica dell’oggetto trovato cara ai surrealisti. Dai banchi che si rizzano nell’ombra assumendo un inquietante aspetto antropomorfo fino ai corpi stessi degli attori che, simili a ragni che tessano pazienti un’enorme ragnatela, sbalestrano grazie alle luci di Carlo Pediani l’abituale ricezione dei colori e dei gesti, questo Processo si muta insensibilmente in un grottesco visionario. Dove, come Kafka insinua tra le righe, tutto ciò che concerne l’immaginazione diventa lecito. Al punto che noi tutti non solo ci identifichiamo con il Josef K. dell’inedito e suadente Giovanni Costantino ma troviamo naturalissimo che Raffaella Azim, in un momento di splendida maturità, sia di volta in volta la terribile gerente della pensione, la beffarda Leni dello studio legale e via via tutte le donne della saga mortale contrastando con le sue movenze da farfalla liberty la crassa oscenità di Bob Marchese. Possibile che uno spettacolo di tale classe stenti a trovare ospitalità sul territorio nazionale?
IL PROCESSO da Franz Kafka. Tauma Teatro-Teatro di Castalda.

Regia di Andrea Battistini, con Raffaella Azim e Giovanni Costantino. A Bari fino al 15 novembre

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