Quell’orchestra multietnica che nobilita la world music

Un mese fa, Roccella Jazz propose a un pubblico che non la conosceva l’Orchestra di Piazza Vittorio (dal nome di una piazza di Roma prossima alla stazione Termini). Il concerto avvenne a Locri, e tale fu l’entusiasmo del pubblico da suscitare il rammarico di chi avrebbe voluto il debutto (o una seconda esecuzione) nel grande Anfiteatro di Roccella. L’Orchestra di Piazza Vittorio è diventata un film realizzato da Agostino Ferrante che ne narra le motivazioni e la complessa gestazione, coronata da un successo superiore ad ogni previsione. Il film è in circolazione da poco e si avvale qua e là (a Milano è accaduto al cinema Eliseo) di una breve esibizione di alcuni componenti dell’orchestra. Tutto è nato da un’idea del pianista e direttore Mario Tronco: riunire una band di 15-20 musicisti di nazioni e continenti diversi, per realizzare autentica world music che, invece del solito significato commerciale, avesse uno scopo di reciproca conoscenza e solidarietà fra musicisti. Risultato: i virtuosi provengono da Italia, Tunisia, Brasile, Cuba, Stati Uniti, Ungheria, Ecuador, Argentina, Senegal e offrono brani densi di profonde suggestioni, che ovviamente non possono essere inclusi nei generi consueti.

Caso mai, si nota che sono nello stesso tempo legati alle tradizioni e proiettati verso il futuro. E che, per l’analogia dei fini, la band può essere accostata alla classica West-Eastern Divan Orchestra diretta da Daniel Barenboim che riunisce e affratella musicisti israeliani e palestinesi.

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