Quella figlia brutta e cattiva del Bel Paese

Marcello D’Orta

Da secoli ci considerano una schifezza.
«Napoli è un paese di suonatori, di poeti, di puttane e di briganti» (Orazio Nelson); «È un dolore, lo ammetto, vedere il più bel paese dell’universo abitato dalla specie più abbrutita» (marchese De Sade); «La plebe napoletana è molto più plebe delle altre» (Montesquieu); «Questo paese semibarbaro e semiaffricano» (Leopardi); «Napoli sarà per voi la decima bolgia dell'inferno nella quale Dante non ha ardito scendere» (Dumas); «È un paradiso abitato da diavoli» (Goethe); «È una tana di cani, una gabbia di scimmie» (Freud); «Un'integrale cloaca, urbana, amministrativa, turistica, alimentare, morale» (Ceronetti); «Io ho sempre detto di mandare a scuola di rieducazione civica tutta Napoli» (Domenico Rea).
Grandi autori per grandi offese, ma ci sono anche le scritte anonime, i graffiti murali: «Tenete Napoli pulita. Gettate i napoletani negli appositi cestini!». Dal particolare all'universale: intere città insorgono contro di noi, e Dio non voglia che il Vesuvio si svegli. Il piano d'emergenza prevede infatti l'accoglienza di napoletani e vesuviani in molte città del Nord e dell'Italia centrale e mi domando come saremmo trattati - in quei giorni apocalittici - dai celti o presunti celti della Padania.
Ma non è solo questione di Italia settentrionale; anzi, l'intolleranza più forte arriva proprio da alcune cittadine del Mezzogiorno, come a dire: «si è sempre i meridionali di qualcuno» (Ugo Ojetti).
L'anno scorso, proprio di questi tempi, un sedicente Movimento anti-napoletani invase il litorale e il centro cittadino di Formia (Latina), di volantini pieni di insulti ai miei concittadini (e per conseguenza a me). Sul foglietto era scritto: «Basta! Furti, arroganza, comportamenti animaleschi... Non permettiamo ai napoletani di invadere come ogni anno le nostre zone. Inquinano le nostre spiagge, i nostri mari (e che! siamo petroliere che si spezzano in due e scaricano tonnellate di greggio? nda) e le nostre strade!». Quest'anno è la volta di Agropoli, comune di 18.000 abitanti, in provincia di Salerno, poco distante Paestum. Il quindicinale Il cittadino ha dato voce, con tre articoli di fuoco (e col titolo in prima pagina: «Fuori i napoletani!») all'insofferenza di una parte della cittadinanza nei confronti dei devoti di San Gennaro e adoratori di Maradona, ossia dei napoletani. Gli articolisti hanno incitato gli indigeni a cacciare i partenopei, i quali «hanno un modo di vivere insopportabile, un accento volgare e sono irriverenti», gente «di cui bisogna aver paura e diffidare». Il giornale propone una serrata dei negozianti (come non bastassero le farmacie in sciopero) e addirittura una fiaccolata. Le parole del direttore, Sergio Vessicchio, hanno avuto il tono di un discorso mussoliniano: «È arrivata l'ora di prendere una decisione forte, importante e costruttiva: no ai napoletani» (per il momento ancora non si parla di spezzarci le reni).
Il sindaco di Agropoli, nel tentativo di ridimensionare l'accaduto, è uscito in uno sproposito madornale: «Vessicchio è un malato di protagonismo. Lo sanno tutti che è vicino a Forza Italia».
Tra imbecilli che fanno di ogni erba un fascio (parlo in generale) e gente che non aspetta l'occasione (anche sbagliata) per dare addosso a Berlusconi, vien voglia di mandare tutti a quel paese.
Quale paese? Agropoli, naturalmente.


mardorta@libero.it

Commenti