Mario Monti è sbarcato a Bari come Armstrong sulla luna. Camminava fra i crateri della Fiera del Levante con lo stesso passo stralunato di chi discende su un altro pianeta, si guardava intorno come l’astronauta dietro i vetri del casco, aveva una tuta invisibile che lo preservava dalla contaminazione ambientale e ha detto anche lui la frase storica sul passo che dovrà compiere la subumanità meridionale per mettersi al passo col sistema solare tedesco-finanziario.
Al suo fianco c’erano il sindaco di Bari, con cozza tricolore, e il governatore della Puglia con orecchino tirabaci. Monti ha disegnato il futuro del sud come leader dei paesi arabi.
Gran cosa è riconoscersi nel Mediterraneo come perno strategico, vitale e geoculturale, altra cosa è dirlo da filotedeschi con ascendente banca: vuol dire africanizzare il sud. Per rincuorarmi ho letto il bel libro di Lino Patruno, fresco di zecca, Ricomincio da sud .
Patruno porta argomenti veri che smentiscono i luoghi comuni sul sud.
Vorrei con tutto il cuore credere con lui che il sud salverà l’Italia e sarà il suo futuro. Forse accadrà, alla fine dei tempi; ma nel frattempo temo che questa speranza generosa sarà delusa.
Vedo il sud sparire, fra ragazzi in fuga, indigeni appassiti, ceti spompati, più contorno di accidia, malapolitica e malavita.
Specchio della nazione,ma con lente d’ingrandimento, il sud è all’avanguardia del declino italoeuropeo; lo precede. Però mi attacco con l’ottimismo della disperazione a quest’antropologia affettiva e mi ubriaco d’illusioni. In Lino veritas.
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