Quelle mani dei portieri abbonate alla corruzione

Quel Paoloni lì mette un po' di tristezza. Non ne azzecca una, telefona in banca e sono dolori, prova a fare il portiere e idem come sopra. Eppure godeva di credibilità massima nell'ambiente suo, perché il portiere, ecco il problema, è un ruolo che può decidere qualunque cosa, senza di lui non si gioca, se non tra bambini, con lui tra i pali, invece possono accadere tantissime cose, parate, tuffi, uscite sui piedi, salvataggi sulla linea bianca e in corner, deviazioni, papere. Un mestiere strano, mentre gli altri giocano lui sta a guardare, aspetta, scruta, passeggia, saltella, fischietta, agita le braccia, articola le mani. E pensa. Paoloni deve aver pensato a tutte le telefonate della sua vita. Non è lui il solo. Il mondo della corruzione calcistica ha degli abbonati fissi, i portieri per l'appunto, estremi difensori, si scriveva un tempo, proprio perché estremi debbono essere avvicinati, contattati perché si facciano da parte e contribuiscano all'esito dei patti illeciti.
Stando al diario di bordo nei favolosi anni Cinquanta accaddero moltissime cose nei vari campionati di pallone, i protagonisti degli scandali di allora hanno cognomi che pochissimi ricordano. Se scrivo Pattini Giano qualcuno forse sa che era il portiere del Catania squalificato per un anno e mezzo dopo un tentativo, non andato a fine, di addomesticare la sfida contro il Milan? Pensate un po' che il tipo rifiutò la combine propostagli dal faccendiere Naldo Panciroli che gli aveva offerto un milione e mezzo per fare la farfalla in campo, parò, invece, l'imparabile ma la sua signora, a fine partita, chiese ugualmente il dovuto e allora scattò l'inchiesta con squalifica. Chi conosce Boccardi dell'Atalanta, portiere pure lui, caduto nella stessa trappola prima di una Atalanta- Milan nella quale nemmeno giocò? E Bepi Moro, la leggenda, il grandissimo numero 1 della Roma, del Bari, del Toro che Pasolini paragonò a Zamora? Mario Pennacchia gli ha dedicato una serie di articoli raccolti in un libro che titola «Bepi Moro la caduta agli inferi». È il riassunto di una carriera grandiosa, tra gare truccate anche a sua insaputa a Lucca e Genova, poi precipitata nella povertà, nella solitudine, nella dimenticanza.
Potrei dire di tre portieri arrestati nello stesso giorno di marzo dell'Ottanta, era il Totonero e arrivarono le manette sui polsi illustri di Albertosi, Cacciatori e Girardi, Milan, Lazio e Genoa coinvolte nello scandalo delle scommesse e delle partite vendute. Perché dimenticare quel tipaccio di Ramon Quiroga, l'argentino diventato peruviano, protagonista di una partita storica nel mondiale del '78, proprio nella sua città natale, Rosario ma in porta al Perù e contro l'Argentina. La nazionale di Menotti aveva bisogno di vincere e di segnare almeno 4 gol per passare il turno, il giorno prima dell'incontro il generale Videla e Henry Kissinger andarono a far visita allo spogliatoio peruviano. Alla fine del primo tempo l'Argentina vinceva solo 2 a 0, finì 6 a 0 con la partecipazione di Ramon a quella che fu definita la marmelada peruana. Si disse che anche il narcotrafficante Orejuela provvide ad allertare il portiere a guardare altrove durante la partita. Così fu e, alcuni anni dopo, durante una sbornia, Quiroga ammise la marmelada.
Vorrei dire di Bruce Grobbelaar e di Hans Segers, portieri del Liverpool e del Wimbledon, mazzette di sterline e scommesse, sconfitte comode e squalifiche. Grobbelaar (6 scudetti, 1 coppa dei campioni, 3 coppe d'Inghilterra), fece condannare The Sun, il giornale che tirò fuori lo scoop, ma perse l'appello e venne dichiarato fallito non potendo risarcire di mezzo milione di sterline il tabloid.
Pagine brutte di un mestiere bello.

Umberto Saba li perdoni, quando scrisse «Goal» non pensava, non immaginava che «il portiere caduto alla difesa ultima vana, contro terra cela la faccia, a non vedere l'amara luce» come Paoloni e gli altri da dietro le sbarre.

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