Quelle vecchie, interessanti domande di Tonino a D’Alema

Caro Granzotto, le allego una chicca reperita fra le vecchie raccolte di pubblicazioni che conservo. Pubblicata su Libero nel 2000, è una lettera aperta di Antonio Di Pietro a Massimo D’Alema: «Caro Massimo parlami di Primo Greganti». Sembra scritta oggi.
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Devo subito dire che le chicche erano due. Però Montanelli mi ha insegnato questa regola: trattare un solo argomento alla volta, pena far perdere la trebisonda al lettore. Essendo un allievo disciplinato mi riservo dunque di parlare d’una chicca - e che chicca - sola: la lettera aperta, scritta nell’italiano un po’ zoppicante del Matamoros di Montenero di Bisaccia, ma che importa, indirizzata a D’Alema. Eccone il passaggio più gustoso: «Caro Massimo (...) la magistratura non ha accertato (né poteva all’epoca, stante la prescrizione e l’amnistia dei reati), ma tu puoi aiutarci a capire: Gardini è venuto o no a Botteghe Oscure a portare quel famoso miliardo? E se sì, a chi lo ha consegnato? E ancora: il 9 marzo 1993 nel mentre si trovava rinchiuso a San Vittore per una mazzetta da 621 milioni elargitagli da Lorenzo Panzavolta della Ferruzzi, il noto e vostro Greganti riferì in un interrogatorio di un episodio avvenuto nell’89 (e quindi purtroppo anch’esso all’epoca delle indagini prescritto ed amnistiato). Riguardava un blocco di polizia a cui era stato sottoposto dalle parti di Firenze allorché venne perquisito perché trovato in possesso di una valigetta contenente quasi un milione di lire in contanti o giù di lì. Greganti spiegò che si trattava di danaro destinato al partito e una volta in caserma fece telefonare a una “persona” di Botteghe Oscure per chiarire tutto. Di chi e di che episodio si tratta? E perché Botteghe Oscure mandava in giro Greganti con una valigetta con un miliardo in mano?».
È trascorso più di un decennio. Chissà se Di Pietro ottenne da D’Alema una risposta esauriente (per intenderci: non come quella fornita da Fini sull’appartamento in Boulevard Charlotte, Principato di Monaco). Nel caso, assai probabile, che non abbia ottenuto soddisfazione, chissà se ha ancora la curiosità di sapere, dall’uomo più intelligente della sinistra, perché Greganti girava con un miliarduccio di lire in contanti e chi mai fosse quella «persona» di Botteghe Oscure - allora quartier generale del Pci pronto a divenire, oplà, Pds - che con la telefonata sistemò tutto. Tutto lascia pensare, però, che il Matamoros abbia lasciato cadere la cosa accontentandosi, da persona intelligente e competente qual è, d’una voce che circolò con insistenza e cioè che il Compagno G. avrebbe giustificato la non disprezzabile quantità di pecunio che si portava appresso sostenendo - i comunisti sapevano essere anche spiritosi e prendere per i fondelli con notevole talento - che era l’incasso della vendita delle salamelle al «Festival dell’Unità» (oggi «Festa democratica»: in quest’ultima, che si sta pigramente svolgendo a Torino, cucina pessima e totale assenza delle mitiche salamelle).

Anche così, anche dando per buona la versione di Greganti il giallo persiste: quella «persona» tirata in ballo da Di Pietro, a chi si rivolse per insabbiare il tutto? Quale rappresentante di uno dei poteri dello Stato e se non una singola persona quale cerchia o pool, come abbiamo imparato a dire, volgendo il capo dall’altra parte risparmiò alla sinistra la mannaia e la gogna di Mani Pulite? Indovina grillo.

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