Milano«Tra loro si accusano e basta». Gino Paoli, uno dei padri della canzone italiana, non le manda a dire. Lo faceva già ventanni fa, quando fu eletto deputato per il Pci (cui però non è mai stato iscritto). E lo fa pure oggi, da osservatore coinvolto, da elettore di sinistra deluso e forsanche allibito davanti a tanta sofferente confusione. «La parola comprensione sembra sparita, non la utilizza più nessuno», rincara. E poi prende fiato.
Adesso ci si mette pure Beppe Grillo. Dopo aver strillato contro i politici, ora si vuole iscrivere al Pd.
«La sua mi sembra più che altro una provocazione, un bluff. Non è una proposta reale, concreta. Però non gli ho parlato direttamente, a Beppe, ho soltanto letto le notizie e quindi non posso dire nulla di più».
Se lo candidassero davvero, lei lo voterebbe?
«Votare semplicemente il personaggio non ha senso. Per decidere che cosa fare, vorrei leggere il suo programma e farmi unidea concreta di quali siano le sue intenzioni. Per ora, nulla».
E tra Bersani e Franceschini?
«Idem. Non mi interessa votare un uomo, mi interessa valutare quello che vuole fare e quindi leggere i programmi. Per adesso posso dire di aver più simpatia per Bersani che per Franceschini».
Lui si è candidato dicendo: «Non posso riconsegnare il partito a quelli che cerano prima di me».
«Un errore, non ci si deve esprimere così. Quando ci si candida, tuttal più si deve parlare delle proprie intenzioni per il futuro».
Daltronde, parlando di futuro, il Pd non sembra avere le idee chiare.
«Quel partito e genericamente la sinistra stanno ricercando con sforzo unidentità perduta da tempo. Allora avevo ammirato Occhetto per il suo coraggio di adeguare un partito-chiesa alle esigenze del presente. Adesso mi trovo di fronte a persone che cercano in tutte le maniere di mettere insieme un partito lacerato in tanti piccoli gruppetti. E intanto Di Pietro ne approfitta».
La maggioranza parlamentare, invece.
«Comè noto, non voto per Berlusconi, ma bisogna ammettere che ha saputo creare una maggioranza compatta che lavora bene insieme».
A sinistra si torna a parlare di questione morale. Come ai tempi di Berlinguer.
«Ma allora gli argomenti erano il clientelismo o la corruzione pubblica».
E adesso?
«Adesso si sta dietro ai gossip di Repubblica e di altri. Ormai a sinistra si attaccano a queste cose».
A proposito, lei che cosa ne pensa?
«In questa questione - intendo tutti i pettegolezzi intorno a Berlusconi - penso che siano solo affari suoi. Ciascuno gestisce la propria vita privata come meglio crede».
Ancora sulla questione morale. Laltro candidato alle primarie del Pd, Ignazio Marino, lha sollevata dopo larresto del presunto stupratore seriale di Roma e coordinatore di un circolo Pd.
«Non ha davvero senso accanirsi su quello che sembra soltanto un povero disgraziato. I problemi sono ben altri».
Che cosa manca, soprattutto?
«Il buon senso: se potessi, creerei il ministero del Buon Senso. Non sono montanelliano, ma di Indro Montanelli mi manca il suo buon senso. Anche se, come fece lui, io non sono disposto a turarmi il naso pur di votare».
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