Quello scatto d’orgoglio con cui sfidò i carnefici

Quello scatto d’orgoglio con cui sfidò i carnefici

Non è unanime - né, forse, ci si poteva illudere che fosse tale - l’omaggio a Fabrizio Quattrocchi e alla sua eroica fermezza anche nel momento in cui fu consapevole di essere ucciso: nell’ampia mobilitazione delle istituzioni e di privati cittadini che fanno appelli perché venga dato adeguato riconoscimento alla vittima della banda di criminali iracheni, si sono inserite ieri le frange di rappresentanti della cosiddetta controinformazione che nella città di Quattrocchi, dove tuttora risiede la famiglia, «vanta»numerosi esponenti. In particolare, le critiche non mancano su Indymedia, il network che si connota come l’espressione della sinistra più radicale, che ospita il commento di un tal Claudio, sedicente genovese: «Ci sono fascisti mercenari - spiega l’improvvisato opinionista locale - che vanno a pigliar paghetta sulle vite di uomini innocenti e persone di destra che hanno il mio rispetto. Poiché a me della destra e della sinistra non me ne importa nulla, in questi casi guardo cosa c'è dentro una persona e non la medaglietta che porta sulla giacca». La conclusione e l’intelligenza si commentano da sole: «Quattrocchi, vergogna di Genova».
La serie di altri commenti - in realtà, insulti - prosegue approfittando, come sempre, dell’anonimato garantito da internet.
Nel frattempo, comunque, si moltiplicano in misura esponenziale le prese di posizione a favore dell’omaggio a Quattrocchi e ai familiari che, come ha ricordato ieri fra gli altri anche l’assessore comunale Giorgio Guerello, «si sono sempre comportati con grande dignità, umanità e compostezza».
Lo rileva anche Giuliana D’Olcese, che riprende la frase pronunciata da Fabrizio Quattrocchi davanti agli assassini per ribadire ancora una volta la realtà dei fatti, confermata dal video diffuso nei giorni scorsi. «Quattrocchi ha detto chiaramente: Vi faccio vedere come muore un Italiano, e non: Vi faccio vedere come muore un camerata, come, invece, sostenevano e vomitavano nei cortei e in internet “pacifisti“, no global e estremisti». Subito dopo, Giuliana D’Olcese si rivolge direttamente alla sorella di Fabrizio: «Cara Graziella - scrive fra l’altro - noi cittadini non ti abbiamo lasciata sola. Fabrizio fu assassinato il 14 aprile 2004 e, il 16 aprile, diramai a decine di migliaia di cittadini sparsi su tutto lo Stivale, a stampa, radio e tv locali, regionali e nazionali l'appello al Capo dello Stato Ciampi, ai sindacati, al governo e al parlamento per la Medaglia d'Oro al valor civile. Appello - insiste Giuliana D’Olcese - che fu riinoltrato a Ciampi da migliaia di cittadini che, tra l'altro, partecipavano all’ondata di indignazione nazionale su quanto in quei giorni “pacifisti“, no global e certa sinistra estremista vomitavano nei vari cortei e in internet. Gli stessi che, mascherati da terroristi, nel corso della marcia organizzata dai familiari degli ostaggi, agitavano in faccia al Papa, al Vaticano e alla Basilica di San Pietro, simbolo mondiale della Cristianità, gli stendardi del terrorismo, e di cui il vicedirettore del Corsera Gianni Riotta, indignato da quegli scellerati eventi, scrisse in un editoriale in prima pagina: I bassifondi di internet per cui Quattrocchi era “uno schifoso mercenario”... che operavano il falso ideologico di sostenere che le sue ultime parole erano state, invece: Vi faccio vedere come muore un camerata».
All’epoca dell’assassinio della guardia del corpo genovese, come ricorda ancora la signora D’Olcese, «tra le centinaia di lettere che ricevetti in risposta all'appello a Ciampi, tutte bellissime, ne riporto una, ma sono tutte ancora sulla mia rubrica on line assieme ai ripetuti e periodici appelli a Ciampi. Scrisse il lettore Roberto Vitale: “Ho sofferto quando Fabrizio fu rapito, ho palpitato attendendo buone notizie, pur sapendo che con quella gente là c'è poco da sperare... Ho visto con rabbia, disgusto e voglia di vendetta ciò che gli hanno fatto: divorato dai cani. Ho quasi vomitato per la Marcia su Roma dei pacifinti. Ho avuto uno scatto d'orgoglio, invidiando il suo modo di affrontare la morte. Non ho potuto essere in San Lorenzo (anche se abito a Genova) perché cammino con molta difficoltà, altrimenti ci andavo di certo! Quindi medaglia al valor civile sì, eccome. Quella al valor militare no. Non era un militare italiano e non ha compiuto un gesto di valor militare. Allora ai 13 carabinieri di Nassirya dovremmo intitolare, ad esempio, Piazza Montecitorio! Peraltro, a me starebbe benissimo. Un grazie, cara D'Olcese, da Roberto Vitale».


L’appello della signora D’Olcese trova adesione e convinto riscontro anche da parte dell’avvocato Galgano Palaferri, presidente nazionale dell’Unione per le Libertà, che riprende il concetto: «Gli Italiani ricorderanno Quattrocchi per lo scatto di coraggio e di orgoglio patriottico con cui seppe sfidare i suoi carnefici e vogliono che, finalmente, gli sia conferita la Medaglia d'Oro al valor civile».

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