Quello strano viaggio in Portogallo all’ombra di Salazar

Il libro «Con un sogno nel bagaglio» di Maria José de Lancastre, docente di letteratura portoghese, racconta come il futuro Nobel, invitato a parlare di teatro, si scontrò con i critici cinematografici di regime

Una fortunata congiuntura. O, meglio, una provvida congiuntura. Il tutto dislocato, nel settembre 1931, in Portogallo per merito (o responsabilità) di Antonio Ferro, all'epoca prestigioso critico drammatico del Diario de Noticias e massimo animatore del congresso internazionale «itinerante» degli esegeti del teatro di tutta Europa. E, al centro, come monumento-cardine e, insieme, elemento caratterizzante di una specifica ricerca-riflessione sul nuovo teatro di questi stessi anni l'inedita pièce di Luigi Pirandello Sogno (ma forse no) inscenata, appunto, per l'occasione in una esclusiva - e purtroppo - approssimata versione portoghese.
A sottolineare l'eccezionalità e, al contempo, l'importanza di un tale appuntamento contribuiva poi direttamente la presenza a Lisbona e in tutti gli altri centri lusitani in cui il congresso si svolse (anche tra spettacoli folcloristici, feste e tradizioni le più spurie) dello stesso Pirandello, già in odore di Nobel per letteratura (che lo consacrerà giusto nel '34) e singolarmente disponibile per tutte le iniziative promozionali e culturali escogitate dall'intraprendente Antonio Ferro, intellettuale di valore ma altresì già abile corifeo dell'incipiente avventura autoritaria dell'Estado Novo di Salazar, un regime dispotico che per oltre quarant'anni taglierà fuori il Portogallo da ogni dinamica democratica.
Tutto ciò costituisce unitariamente il tessuto evocativo e le particolarità circostanziali di uno studio quantomai sagace, appassionante realizzato dalla lusitanista Maria Josè de Lancastre, sotto il curioso titolo Con un sogno nel bagaglio - Un viaggio di Pirandello in Portogallo (pp. 196, Sellerio editore, euro 15) sul filo di fatti e vicende tutti contingenti vissuti dai più vari personaggi cosmopoliti (critici, giornalisti, intellettuali) di vario e anche contrastante orientamento. In effetti, lo scafato Antonio Ferro oltre alle doti di formidabile organizzatore, si prefiggeva per l'occasione di accreditare formalmente - e surrettiziamente - l'apertura culturale non meno che la spregiudicata disponibilità democratica del montante movimento salazarista. E, in questo senso, orientò poi in seguito ogni altra iniziativa legata al menzionato congresso. Ciò nonostante, secondo il classico adagio che la realtà effettuale dei fatti «ha la testa dura», due episodi s'incaricarono di smentire il sottile proposito dell'abile Antonio Ferro. In una serata in onore di Pirandello, ad esempio, venne proiettato un film di Leitão de Barros A Severa («biografia» della mitica cantante di fado di fine Ottocento), preceduto da un mediometraggio intitolato Douro, fatica fluviale, opera prima di Manoel de Oliveira. Il breve film dell'esordiente Oliveira destò immediato, positivo interesse tra i molti critici stranieri e addirittura beceri dissensi tra i più servili giornalisti portoghesi. Pirandello, stupito da un simile contrasto, avendo apprezzato particolarmente il documentario (un solidale racconto delle dure condizioni dei lavoratori) fino a dire «è un bellissimo film», a chi gli spiegava qual era il motivo reale dei dissensi esclamò senz'alcuna remora: «Ah, ho capito, i soliti idioti».
L'altro elemento a contrasto delle pur ingegnose manovre imbonitrici di Antonio Ferro è rintracciabile nel folto stesso del più tipico «teatro pirandelliano» e ben avvertibile anche nella pièce proposta nel 1931 a Lisbona Sogno (o forse no) ove precise tematiche (il rapporto tra realtà e sogno, individualità e pluralità, verità e menzogna) ridestavano, immediate e inequivocabili, analoghe, tormentose inquietudini già ampiamente elaborate, prospettate dagli scritti, dalle opere di Ferdinando Pessoa e di tutti i suoi molteplici, sfuggenti eteronimi (Alberto Caeiro, Ricardo Reis, Alvaro de Campos, ecc.). Una materia narrativa e poetica che, tanto in Pirandello quanto in Pessoa, risulta la più lontana, la più incongrua rispetto alla sofisticazione sfrontata di semplicistici espedienti propagandistici.


Con un sogno nel bagaglio, Maria Josè de Lancastre, professore ordinario di letteratura portoghese all'università di Pisa, grazie a un lavoro davvero grande di ricerca e di elaborazione di materiali preziosi, ha dato struttura e senso coerenti ad uno scorcio quantomeno poco conosciuto del Pirandello degli anni Trenta, ma, ancor più, ha compiuto un'incursione assolutamente impareggiabile tra vicende, personaggi, eventi piccoli e grandi di un mondo per tanti versi da noi poco frequentato come il Portogallo, la sua storia, la sua cultura. In definitiva, un libro unico, necessario.

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