Chi cercasse un bellesempio, tondo e maturo, per spiegare che cosa vuol dire la magistratura che fa politica, basta che prenda il caso della Procura di Napoli la quale, dopo essersi impicciata indebitamente di Saccà e delle sue telefonate, e dopo aver messo sotto controllo telefonico molte migliaia di persone, ora che ha compiuto la missione di devastare il panorama politico mettendolo a ferro e fuoco, si spoglia dellinchiesta stessa dicendo più o meno: «Oops, scusate, ci siamo sbagliati. Non siamo noi che dobbiamo indagare su Berlusconi e Saccà, visto che entrambi ovunque hanno agito tranne che a Napoli, e dunque restituiamo gli atti alla Procura di Roma e tanti saluti e sinceri ringraziamenti al contribuente italiano con i cui soldi ci siamo divertiti».
Ora, voi sapete, tutto il mondo sa, che Napoli è una città in uno stato miserabile, devastata dalla malavita, dal malcostume, dai rifiuti, da una giunta regionale incapace, da una classe politica fallimentare e dannosa, un luogo dove almeno un cristiano, o forse musulmano, al giorno ci rimette la pelle, dove la vita non vale un fico secco, dove la legalità minima, quella del semaforo e della strada, non vale un fico secco, e la Procura di Napoli su chi sceglie di indagare? Su Saccà e Berlusconi.
Perché? Dobbiamo presumere perché così si sono cavati delle soddisfazioni, hanno cercato un caso da usare contro il governo. Del resto, che noia cercare e arrestare assassini. Che noia cercare ladri dappartamenti in una città in cui la gente non va neppure a fare la denuncia perché è una perdita di tempo. Che noia indagare sui bambini che non vanno a scuola, sui dipendenti pubblici che non vanno a lavorare, sugli insegnanti che non insegnano, su tutti coloro che causano lo sfacelo di Napoli con frode, inefficienza, furbizia e malaffare. Vuoi mettere quanto è più visibile e gratificante una bella inchiesta sulle telefonate private e su un argomento privato tra Saccà e Berlusconi in un periodo in cui Berlusconi non era neanche al governo? Quelle sono soddisfazioni.
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