Economia

Questione meridionale: come uscirne?

Da anni, ormai, si parla della cosiddetta questione meridionale. E l’appello è lanciato dagli agenti del sud Italia, alle prese con le dismissioni di portafogli, con le compagnie che abbandonano il territorio

Questione meridionale: come uscirne?

Da anni, ormai, si parla della cosiddetta questione meridionale. E l’appello è lanciato dagli agenti del sud Italia, alle prese con le dismissioni di portafogli, con le compagnie che abbandonano il territorio, con tariffe Rc auto alle stelle (anche 7.000 euro per assicurare l’auto di un maggiorenne) e con una forte selezione dei rischi richiesta dalle mandanti. Oltre al danno economico, dicono gli intermediari, c’è anche quello sociale: le frodi sono in aumento ed è in crescita anche il numero degli automobilisti che eludono la sottoscrizione della copertura Rc auto, l’unica obbligatoria per legge.  

Se ne è parlato nel corso di una tavola rotonda dal titolo Sfide e opportunità per le agenzie del Sud Italia, organizzata da Marcella Frati, director di Nmg, e coordinata da Angela Maria Scullica, direttore del Giornale delle Assicurazioni e di BancaFinanza. All’incontro hanno preso parte Francesco Barbato, parlamentare e agente assicurativo, Massimo Congiu, presidente dell’Unapass, Angelo Coviello, presidente di Primogest e agente plurimandatario a Napoli, Donato Lucchetta, vice presidente vicario del gruppo agenti Cattolica Assicurazioni, Fabio Menicucci, agente Allianz Ras a Catania, Jean François Mossino, vice presidente vicario dello Sna, Letterio Munafò, presidente del gruppo agenti Assicurazioni Carige, Antonella Nicoletti, agente Fondiaria-Sai divisione Sai a Napoli e Alfonso Santangelo, agente Fondiaria-Sai divisione Fondiaria a Napoli e consigliere dell’Unione europea assicuratori.

Domanda. La cosiddetta questione meridionale continua a tenere banco. Come si stanno muovendo Sna e Unapass?

Mossino. L’atteggiamento che hanno assunto le compagnie può sembrare  giustificato perché c’è da tenere sotto osservazione l’equilibrio tecnico; ma  l’abbandono del territorio di talune aziende assicurative o le azioni di dismissione e  disdetta dei portafogli Rc auto di talune altre, fanno inutilmente pagare un prezzo troppo elevato alle agenzie e alle persone che operano nelle stesse. Il danno sociale ed economico non si ferma qui. Molti degli assicurati abbandonati dalla loro compagnia si ribellano alla difficoltà di trovare un nuovo assicuratore o all’imposizione di un maggior premio, aumentando il già preoccupante numero di utenti che eludono l’obbligatorietà della polizza Rc auto a danno della società, del Fondo nazionale delle vittime della strada o dell’ assistenza sanitaria pubblica. Sna, di concerto con le associazioni dei consumatori e di categoria, sollecita le istituzioni e il Parlamento proponendo di mettere attorno allo stesso tavolo tutti gli attori interessati per individuare soluzioni atte a  prevenire, contrastare e ridurre gli effetti delle frodi e speculazioni in ogni regione d’Italia, non soltanto nel Meridione. In linea di principio sono tutti d’accordo con noi, però poi quando si tratta di passare ai fatti non si è altrettanto puntuali.

Congiu. Dobbiamo entrare nell’ottica che il problema è di natura nazionale e che è necessario trovare soluzioni in tempi immediati. Abbiamo stigmatizzato le scelte delle imprese che decidono di affrontare la questione semplicemente dismettendo portafoglio o riducendo la loro presenza nel sud: se il problema sono le frodi si risolvono solo contrastandole sul nascere e tutti insieme. Prendiamo per esempio l’agenzia antifrode: è un qualcosa che tutti chiedono, tutti vogliono, ma non si capisce il motivo per cui una iniziativa come questa tarda ad arrivare. Ci siamo resi disponibili come parte sociale a farci carico, in concorso con altre parti del mercato, anche degli aspetti finanziari che deriverebbero dalla gestione dell’agenzia antifrode. Devo dire che abbiamo ravvisato una mancanza di sensibilità da parte delle istituzioni parlamentari nel creare una corsia preferenziale per l’approvazione di questa proposta. Confido molto, inoltre, nella banca del sud, che ha l’obiettivo di ricostruire il tessuto socio economico del Mezzogiorno, rimettere nel sistema ricchezze e risorse finanziarie, e auspico possa esistere la possibilità di creare un’ assicurazione del sud Italia. Come Unapass e come Federazione unitaria  stiamo sollecitando la collaborazione con le prefetture per la realizzazione di osservatori antifrode.

D. A proposito dell’agenzia antifrode, qualcosa si sta muovendo… Basterà?

Barbato. Il numerino magico per rimontare l’impasse assicurativa è: 1964, ovvero la mia proposta di legge del 2008 da cui si parte per istituire un’Agenzia antifrode assicurativa (Aaa). Da relatore del provvedimento ho proposto in commissione Finanze audizioni con tutti gli operatori del settore per avere piena contezza (oltre il mio personale know-how) del problema e ricavarne soluzioni/strumenti efficaci per debellare definitivamente i falsi sinistri che rappresentano un costo improprio per le compagnie, scaricato alla fine sui consumatori. Completeremo il lavoro a metà luglio per portare in un comitato ristretto, rappresentante tutti i gruppi parlamentari, un testo unico (tutto tecnico e con nulla di ideologico-partitico) che, se condiviso unanimemente, ci consentirà l’approvazione per via legislativa in commissione, evitando l’aula. Spero prima delle ferie.

D. E le compagnie abbandonano il territorio…

Barbato. L’Aaa non sarà il solito organismo di rappresentanza ove sistemare gli amici, ma un’«antifrode operativa» che, incrociando dati, fungerà da intelligence con funzioni a mo’ di polizia giudiziaria per scovare non solo le cricche che fanno soldi sui falsi sinistri, ma anche, per esempio, per conoscere sacche e territori ove si viaggia scoperti di Rca o con contrassegni falsi. Appare inoltre necessario l’innalzamento della pena e la certezza dell’applicazione perché chi frega le compagnie, per il noto principio della mutualità sovrastante le tariffe, danneggia la collettività. Per questi furbetti si spalanchino le porte delle galere! Insomma ridaremo tranquillità alle compagnie, su tutti i territori e senza zona franca alcuna, che non avranno più alibi per desertificare innanzitutto il Sud. L’Aaa è solo l’inizio di una stagione di riforme per rilanciare il settore assicurativo, rimuovendo difetti e anomalie che lo attanagliano. 

D. Ma è davvero difficile fare l’assicuratore nel Sud Italia?

Nicoletti: Difficile? Direi complesso. Opero come intermediario monomandatario in Campania, dicono la regione più «calda».  Lavorare in questa sorta di cassa di risonanza  che è la mia regione, dove può accadere tutto e il contrario di tutto, è sì impegnativo, ma anche stimolante. Ricordare a se stessi quale è il ruolo sociale dell’ assicuratore, formare i collaboratori, supportare i clienti  nella disamina dei loro  reali bisogni, rispettare le regole del mercato e anche quelle etiche è oneroso, ma produce risultati di sicura soddisfazione. Questo è quanto necessario per attivare «circoli virtuosi»; questo è quello che è necessario fare da parte di tutti gli attori del sistema assicurativo e mi riferisco a compagnie, authority di controllo, istituzioni e anche consumatori. Regole ce ne sono: applicarle non solo nella forma, ma anche nella sostanza, vigilare sulla loro concreta e corretta applicazione non indulgendo in facili «aggiustamenti», dovrebbe essere compito e impegno di tutti. Un esempio: sarebbe necessario che i testimoni nelle cause di risarcimento danni Rc auto fossero ascoltati direttamente dai magistrati, come previsto dal codice civile, non «nei corridoi degli uffici giudiziari», come frequentemente accade.

D. Ma ha cambiato sistema di lavoro oppure no?

Nicoletti. Sì. Riorganizzare i processi, investire in sistemi informatici che consentano analisi e monitoraggio dei fenomeni, valorizzare la rete con interventi formativi, seguire le accelerazioni del mercato e le modifiche legislative è stato negli ultimi anni un imperativo categorico. In particolare, l’introduzione dell’indennizzo diretto ha realizzato una modifica sostanziale dei ruoli : oggi, il  cliente  denuncia il sinistro alla propria compagnia e gli intermediari, diretti interlocutori dei clienti nella fase assuntiva, diventano ora anche il primo anello di una corretta istruttoria del sinistro. Hanno una concreta opportunità per fare cultura diretta con  il cliente. Le compagnie e anche le istituzioni hanno il compito di creare le condizioni ambientali ed economiche per valorizzare gli effetti positivi che l’indennizzo diretto potrà produrre. L’entusiasmo per il mio lavoro e la felicità di vivere nel sud Italia non sono mai cambiati.  

D. Il plurimandato può rappresentare davvero una opportunità per migliorare la redditività?

Congiu. Il plurimandato di per sé non è la soluzione per migliorare la redditività, credo che gli agenti anche monomandatari dovrebbero cogliere il vantaggio contingente che la legge sul divieto di esclusiva offre in termini di maggior potere contrattuale nel  rapporto giornaliero con la mandante. Gli intermediari, oggi, hanno la possibilità di non perdere il valore del cliente. Come? Creando un network tra loro al quale fare riferimento nel momento in cui l’impresa decidesse di non assumere determinati rischi per una sua scelta politica e tecnica. È una soluzione che  nessuno vieta e che i gruppi agenti e i sindacati dovrebbero sostenere. In questo modo, l’agente salvaguarda la propria redditività mantenendo il suo portafoglio. Esistono inoltre ragioni strutturali alla caduta della redditività che invece necessitano di innovazione di prodotti, della nascita di nuovi mercati assicurativi nei rami danni anche con l’intervento del legislatore, come nel caso delle calamità naturali.

Coviello. Oggi,  come è noto, il regolamento Isvap  impone il divieto di lavoro tra gli iscritti in sezione a). Penso pertanto che per migliorare  la redditività occorrerebbe cambiare il regolamento. Del resto  tutti gli operatori possono lavorare fra loro, invece la nostra categoria non può farlo. Per quanto riguarda il plurimandato, certo che può essere un’opportunità per le agenzie del sud e non solo. Il problema è che gli agenti fanno fatica a immaginare di cambiare il proprio metodo di lavoro, per questo credo che sia un’occasione persa. Forse non si capisce a fondo che con il plurimandato c’è la libertà di azione, che significa libertà di sviluppo e maggiore fatturato per noi agenti.

D. Aumentano, però, anche i costi…

Coviello. Gli agenti che per la prima volta si avvicinano a una gestione plurimandataria possono assumere mandati attraverso i consorzi, ai quali devono essere trasferiti i costi. Queste strutture debbono diventare vere e proprie centrali di acquisti e provvedere all’organizzazione di lavoro, mentre gli agenti devono realizzare il loro ruolo di produttori. Spezzare la catena che vincola gli agenti «produttori» agli agenti «amministratori» significa dare spazio al business e dunque accrescere la redditività. Per fare questo, tutti dobbiamo collaborare. Per esempio non ho condiviso la politica dei gruppi  agenti di voler  blindare il monomandato. Anche la concentrazione dei gruppi assicurativi nel Paese non aiuta allo sviluppo. In Italia, ci sono quattro gruppi che fanno il 70% del volume della raccolta premi totale. La conseguenza è che nel Mezzogiorno siamo sottoposti a vincoli ristrettivi di tutti i tipi, non solo a livello assuntivo, ma anche dal punto di vista delle provvigioni, che sono diverse dal nord Italia. Nel sud sono differenti le attenzioni nei confronti degli agenti perché c’è un mercato sostanzialmente chiuso, e le compagnie, anche grandi, abbandonano il campo. Certo può sembrare paradossale, ma stiamo vivendo giorni in cui le compagnie meno incassano e più guadagnano, ma questo è un altro tema.

D. È veramente così?

Munafò. La situazione meridionale è particolare, ma non tutto quello che si dice risponde a verità. Sono d’accordo, innanzitutto, che il monomandato va scardinato, perché avere più mandati, per le agenzie del sud, può aiutare a superare le difficoltà. Non sono assolutamente d’accordo sulla differenza di provvigioni che esisterebbe fra gli agenti del nord e del sud. Sono presidente da 33 anni del gruppo agenti Carige e non ho mai fatto diversificazioni fra agenti a livello di provvigioni. Conosco agenzie del Meridione che negli ultimi tre mesi hanno incrementato  il portafoglio Rc auto del 66%. Quindi non è mica vero che a soffrire sono solo le agenzie del sud. Non dobbiamo perdere di vista la situazione che si sta creando al nord perché anche le agenzie del nord stanno subendo delle conseguenze notevoli. Probabilmente si sta verificando un trasferimento di portafogli tra i punti vendita.

D. E sulla politica dei gruppi aziendali?

Munafò. Non è vero che i presidenti dei gruppi aziendali hanno fatto dei contratti integrativi extra vincolandosi al monomandato. Non si può fare e la legge è chiara. Così come non è neanche vero che con il plurimandato si va incontro a costi superiori, in nessuna parte d’Italia. Anzi, secondo me, lo sviluppo del multimandato nel Meridione andrebbe a equilibrare i premi in chiave nazionale. Anch’io sono del parere che la collaborazione fra gli iscritti nella sezione a) del registro unico degli intermediari porterebbe un grosso vantaggio. Insomma, non si può parlare sempre di assistenzialismo nei confronti del Meridione.  Ci sono migliaia di famiglie che vivono di questo lavoro e che oggi sono fortemente a rischio. Si parla di mancanza di presenza dello Stato nel sud, ma io vorrei puntare l’indice anche sulla magistratura, anch’essa assente.   

D. Il problema si ripercuote anche sul fattore occupazione.

Santangelo. Sì. Secondo Iama Consulting, infatti, sono 5.000 le agenzie a rischio chiusura e purtroppo molte di queste al sud, dove ancora nel triennio 2006-2009 è continuato il drammatico trend negativo per il quale sono stati persi più di 2.000 posti di lavoro. Oggi stiamo parlando del sud Italia, ma non ci possiamo esimere dal pensare che  tali fenomeni possano in futuro  riguardare altre zone d’Italia. Si è parlato della presenza dello Stato e dell’azione continua delle forze dell’ordine: queste ultime lavorano bene, ma se coadiuvate, ovviamente, raggiungerebbero l’eccellenza. Per esempio si potrebbe snellire il loro controllo sulla veridicità dei contrassegni e relativi certificati, con l’attivazione di un numero verde a cui le stesse possono fare riferimento per l’immediata conferma circa l’originalità dei documenti mostrati e la reale esistenza della copertura assicurativa. Si supererebbe così l’attuale farraginoso meccanismo che oggi passa dalla richiesta della pattuglia su strada alla centrale operativa che a sua volta interroga la banca dati Ania, non sempre aggiornata, e con possibilità di essere contattata telefonicamente solo fino alle ore 16, lasciando così fuori riscontro tutte le problematiche serali e notturne. Da qui, in presenza di un documento falso, l’impossibilità di contestare nell’immediato il reato di ricettazione perseguibile d’ufficio. Esiste poi, un altro problema  a cui porre attenzione.

D. Quale?

Santangelo. Le compagnie ci dicono di allontanare gli assicurati più a rischio. Ma questi, dove vanno? Non si assicurano? Si  verifica quindi uno strano fenomeno. Questa clientela,  anche per l’instaurarsi di archivi informatici contenenti elenchi di  targhe dismesse, fa sì che  le agenzie di determinati territori opportunamente  intimidite dalle mandanti evitano la copertura  di detti rischi utilizzando ogni possibile artifizio. Ne consegue che le reti di secondo livello, non avendo la possibilità  di far persistere tali coperture presso le agenzie, trovano la soluzione del problema attraverso il canale del brokeraggio che, a sua volta, appoggia tali rischi  presso gerenze di compagnia ubicate nell’intero territorio nazionale. Questo, però, comporta ovviamente il persistere dei risultati industriali  negativi, che continueranno a influenzare il posizionamento tariffario delle province interessate, rendendo sempre più difficile la sopravvivenza della rete tradizionale.  

D. La Sicilia, come la Campania, è un’altra regione che sta soffrendo.

Menicucci. Io, però, vorrei provare a trasferirvi un diverso punto di vista. Ma siamo certi che il vero problema siano le frodi? I dati sulle truffe comunicati dall’Ania vanno da un minimo dello 0,5% fino a un massimo del 9,5%. Pensiamo davvero che questa media di sinistri con frode crea tutto il problema che esiste nel Meridione? Credo che tutti noi cadiamo in un tranello che è ordito da chi in tutto questo sistema ci vuole guadagnare: le compagnie. L’andamento di alcune agenzie è negativo in tutta Italia, tanto è vero che ci sono aree geografiche dove la redditività delle compagnie è negativa da 20 anni. E non sono certamente le aree meridionali. Ragioniamo: i dati sui sinistri falsi sono comunicati dai liquidatori. Se affermano che il 10% delle truffe si registra a Napoli, vorrà dire che le compagnie aumenteranno le tariffe a Napoli, ma anche a Trento. Perché dovrà fare mutualità con Napoli. I sinistri, in altre parole, vengono gestiti dalle compagnie che decidono anche l’ammontare dei premi da fare pagare agli assicurati. Secondo me dovremmo imparare a leggere meglio i bilanci delle imprese. Chiediamoci quanto incidono le riserve.

D. Quindi, secondo lei, la questione meridionale non esiste?

Menicucci. Credo che il Meridione sia la scusa facile per continuare a mantenere prezzi alti e per continuare a dire che quello assicurativo è un settore in crisi. L’offerta del prodotto assicurativo in Italia è più o meno simile per tutte le compagnie. Come è possibile che sulla stessa piazza, l’identica polizza, pur con diverse condizioni contrattuali, è commercializzata con premi differenti che possono variare anche di tre volte? È chiaro che qualcosa non va. Nei primi tre mesi del 2010, a Milano, è stato rilevato il triplo delle contestazioni per automobilisti che circolavano senza contrassegno o con contrassegno falso. Il problema, dunque, mi pare sia nazionale, più che meridionale.

D. In Francia il problema sembra l’abbiano risolto…

Mossino. Il meridione francese non è quello italiano, ma le attività concertate tra le compagnie, lo Stato, le forze di polizia e gli agenti di assicurazione, che sono i veri sensori sul territorio del sistema assicurativo, hanno generato soluzioni importanti a questo problema. Anche con l’indennizzo diretto potrebbero esserci opportunità, a partire dal Meridione e per il sistema Paese, se solo le varie parti si relazionassero  per  farlo funzionare meglio.

D. Insomma, tutte le parti devono sentirsi chiamate in causa.

Lucchetta. Credo di sì: compagnie, governo e agenti, ma anche i fiduciari, avvocati e medici, che non sono attori marginali. Il sinistro fraudolento, soprattutto in ambito medico, trova la sua origine da procedure rilasciate proprio dai medici e supportate da avvocati o da studi peritali. Bisognerebbe ragionare sulle cause che determinano tali situazioni e non semplicemente intervenire sugli effetti: è necessario radunare a un tavolo tutti gli attori per stabilire anche una funzione etica dell’assicurazione. È una questione da affrontare con grande determinazione. È evidente, quindi, che nel sud Italia, dove in alcune zone si raggiungono percentuali medie di incidenza dei danni fisici quasi doppie rispetto alla media di mercato, le tariffe continuino a salire e le autonomie delle agenzie vengono costantemente ridotte se non addirittura azzerate, e venga inibita la possibilità di collocare prodotti assicurativi nuovi. Un discorso a parte deve essere fatto sulle riserve: vero è che è prevista una somma per garantire gli impegni che la compagnia dovrà affrontare per il pagamento dei sinistri, ma non si capisce perché, per buona parte delle compagnie, queste riserve si modificano soprattutto in prossimità del deposito del bilancio annuale.

D. Cosa possono fare gli agenti?

Lucchetta. Dovrebbero essere capaci di assumere un atteggiamento camaleontico nell’adattarsi alle varie situazioni che il mercato e le compagnie offrono loro, senza perdere la loro dignità professionale e senza rischiare di pregiudicare la propria autonomia.

Gli agenti devono fare la loro parte: assunzione dinamica, ma attenta e selettiva del rischio, rigore amministrativo e la formazione della propria rete di collaboratori sono le basi per la corretta gestione di un’agenzia che possa pensare al consolidamento e allo sviluppo. 

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