Due dei calciatori più ambiti dalle donne sono andati a giocare in Canada, al Montreal Impact. Matteo Ferrari, 32 anni, è là da due settimane, raggiunto da Bernardo Corradi (36), disoccupato dopo una stagione da riserva all'Udinese. Nel 2009 il centravanti senese ebbe un figlio da Elena Santarelli, tuttora sua compagna, mentre Aida Yespica regalò Aron a Ferrari.
Matteo, adesso con chi sta?
«Con una ragazza americana, anche per questo sono venuto a giocare qui».
È famosa?
«Non dev'esserlo per forza».
Ho avuto 6-700 donne, rivelò Cassano, nella sua biografia. Lei?
«Mica le conto, comunque sono molte meno».
Ebbe una storia con Melissa Satta, altre rivelabili?
«Qualcuna non si deve sapere, varie furono solo flirt».
Dal 2009 è all'estero, per due anni era stato in Turchia, al Besiktas. Emigrò anche per colpa delle love-story?
«Sono sempre lo stesso, dentro e fuori il campo. Amo il mio lavoro, il resto sono fatti miei, mai ho mancato di rispetto a chi mi dava lo stipendio».
Non l'ha penalizzata questa etichetta di difensore centrale che finisce sui rotocalchi?
«Credo che un contratto importante non sia andato in porto per quello. Nel 2008, dopo Roma, prima di andare al Genoa».
Suo padre è di Ferrara, la mamma della Guinea. Episodi di razzismo, sul prato?
«Con il Parma mi presentai da capitano in uno stadio di serie A, la gente mi faceva buuh, due settimane dopo ci tornai con la nazionale e solamente perchè avevo la maglia azzurra mi applaudirono. La discriminazione è ignoranza».
E in Nord America come vive?
«Da Dio. Cè un allenamento al giorno, con un tecnico giovane, Jesse Marshe, già vice di Bob Bradley, ct degli Usa al Mondiale di Sudafrica: si fa chiamare per nome, neanche coach. E 2-3 volte la settimana facciamo yoga».
Ai Denver Nuggets il suo amico Danilo Gallinari ha sottoscritto un quadriennale da 10 milioni di dollari a stagione, lei?
«Pure io, ma a cifre molto più basse. Di base non si guadagna tanto, qui i contratti sono soprattutto pubblicitari. E lopzione è esercitabile di anno in anno, così posso decidere se rimanere, andare o persino smettere».
Chi è il suo procuratore?
«Dal 2008 mi autogestisco, magari chiedo aiuto a qualche conoscente, pagando la semplice consulenza».
In squadra ci sono altre stelle?
«Qualcuna arriverà a giugno, dall'Europa. Abbiamo debuttato con sconfitta e pareggio, aspettiamo la prima vittoria in questa Mls: i più noti sono Beckham ai Galaxy e Thierry Henry ai New York Redbulls».
La Major League segue il modello Nba?
«In parte sì, ci sono altri due club canadesi, Vancouver e Toronto, dove nel basket gioca Bargnani. Le 19 squadre sono divise in due conference, le prime 5 di ciascuna vanno ai playoff, il nostro obiettivo».
Non è troppo giovane per disputare il campionato dei pensionati?
«Qua se non sei al top, fisicamente, ti asfaltano, sono oltremodo combattivi. Mi sono tolto tutte le soddisfazioni che cercavo, era il momento di far esperienza nel campionato che, al massimo, fra 8 anni diventerà il più importante al mondo».
Addirittura...
«Ha strutture e organizzazione, gli americani sono davvero più avanti».
Anche a Istanbul avrebbe dovuto restare per 4 stagioni...
«Ne ho vissute due molto belle, disputando la Champions e vincendo la coppa di Turchia.
A fine carriera diverrà un volto tv?
«Mai dire mai, eppure non è il mio mondo. Penso di fermarmi qua».
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