nostro inviato a Milanello
«Siamo tutti lì, vicini vicini e questo procura nuovo entusiasmo al campionato». Sembra il solito Leonardo, uno che non si sbilancia neanche sotto tortura e che disinnesca come un provetto artificiere ogni mina sul suo cammino. Al massimo può regalare questa immagine romantica da liceali2 a proposito del duello tricolore con Inter e Juve. E invece, quesito dopo quesito, alla fine esce dal suo solito bunker per scolpire, a proposito dei dissidenti di casa sua, la novità rispetto alla stagione di Ancelotti. «Io con Carlo sono molto amico, lo sento spesso, ma ci sono differenze nel nostro modo di lavorare. Io capisco Gattuso, Inzaghi, Abbiati, sono abituati a giocare e a vincere molto» è la sua riflessione, come direbbe Corrado Guzzanti facendo limitazione di Prodi, «pacata, seria».Gli ex intoccabili sono finiti in panchina. «Io trovo le loro reazioni normali anche perché io sono molto chiaro con loro» la chiosa che non aggiunge altro alla sostanza della dichiarazione.
Da qui passa la rivoluzione silenziosa del signor Leonardo, giudicato un apprendista qualche mese fa e adesso salito nella considerazione critica collettiva: i giovani giocano, i veterani aspettano, con qualche eccezione che riguarda per esempio Dida e Abbiati, oppure Ambrosini e Gattuso. «È difficile stabilire la gerarchia tra i portieri: Storari e Dida hanno fatto molto bene appena sono stati chiamati a giocare», riferisce Leonardo che prende tempo col presunto titolare e intanto pensa di chiudere il suo primo semestre con Dida in porta, senza per questo provocare scandalo. «Di Gattuso capisco il malumore, da Pippo, per come si allena, non pretendo di più» le altre concessioni ai mal di pancia dei due veterani, costretti, per motivi diversi, uno deve ancora farsi trovare pronto, laltro aspetta loccasione per sbranare chiunque, sodali e portieri rivali e nel frattempo non spende in pubblico una sola parola che possa metterlo in difficoltà agli occhi dello spogliatoio.
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