Roma

RABBIA E SALUTI ROMANI L’ADDIO ULTRÀ A GABRIELE

Gli estremisti delle curve sequestrano i funerali I poliziotti si nascondono, alla fine nessuna violenza

RABBIA E SALUTI ROMANI L’ADDIO ULTRÀ A GABRIELE

Si respirava un’aria di rabbia repressa a fatica ieri alla Balduina, davanti alla chiesa di San Pio X affollata dentro e fuori di ultrà laziali, romanisti ma anche giunti dal resto dell’Italia per l’addio a Gabriele Sandri. La promessa fatta alla famiglia del giovane tifoso biancoceleste ucciso domenica da un proiettile sparato da un poliziotto nell’autogrill di Badia al Pino, è stata mantenuta, più o meno. Sotto la pioggia battente del mercoledì del ricordo, così diversa dal sole accecante della domenica della morte, nessuna violenza, nessun atto inconsulto: anche se l’ostilità verso le forze dell’ordine, non a caso invisibili, era nell’aria. Un atto intimidatorio per la verità si verifica, ma lontano dalla chiesa dove Gabriele fece la cresima e dal quartiere dove viveva e lavorava. Non alla Balduina sotto assedio ma al Prenestino, in via Roberto Le Petit. Qui alle 10,30, un’ora e mezzo prima dei funerali programmati per mezzogiorno, un grosso petardo viene lanciato sotto un’auto della polizia parcheggiata davanti a un commissariato. Non esplode ma tiene impegnati a lungo gli artificieri e la polizia scientifica.
Ma torniamo alla Balduina. Dove c’era la famiglia di Gabriele, il sindaco Walter Veltroni, la squadra della Lazio, Francesco Totti e altri giocatori della Roma, oltre a quasi tutte le autorità. Ma dove i veri protagonisti erano loro, gli ultrà. Che hanno fatto filare tutto liscio. Tanti insulti («polizia bastarda!») zittiti dai fischi, tanta insofferenza verso giornalisti, fotografi e cameramen. Saluti romani e tutta la paccottiglia simbolica dell’estrema destra. Il grido «Uno di noi!» gridato all’uscita della bara. Una scritta vergata con lo spray su uno dei muri che circondano la chiesa: «Vendetta per Gabriele». Il corteo fino alla non lontana Curva Nord dell’Olimpico transitando al grido di «passiamo dove ci pare!» davanti al Coni saccheggiato nella domenica di follia e ieri presidiato da camionette della polizia e da agenti in tenuta antisommossa. Insomma, nulla di diverso dal clima che si vive ogni domenica sugli spalti degli stadi italiani, a parte il clima di tregua tra le varie tifoserie, che possono mostrare senza paura, anzi con pacifico orgoglio, le varie sciarpe. L’ennesima dimostrazione che il mondo ultrà segue regole difficili da capire per i tifosi normali.
La violenza non c’è stata, ma resta l’impressione che il dolore della famiglia Sandri sia stato espropriato dai tifosi. E meno male che in serata c’è stato il ricordo degli abitanti del quartiere, che sono sfilati in una più silenziosa fiaccolata sotto le finestre della famgilia Sandri in via Pereira. Un centinaio i partecipanti, tra cui anziani e bambini, tutti con una candela bianca in mano. In testa al corteo don Paolo Tammi, il parroco della chiesa San Pio X, che ieri mattina ha officiato i funerali del giovane. «Il quartiere è un piccolo paese e ci conosciamo tutti», sussurra qualcuno. Ma ieri è stato anche il giorno del lutto istituzionale. Bandiere a mezz’asta a Palazzo Senatorio, negli uffici comunali, nelle scuole; quasi tutte le conferenze stampa rinviate, così come il consiglio comunale sulla sicurezza; bus in giro per le strade listati a lutto.

E soprattutto, a fine giornata, un lungo sospiro di sollievo.

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