Cultura e Spettacoli

La Rai chiama Mike. Lui: «Chiederò a Silvio»

Il presentatore: «Mi piacerebbe terminare la carriera qui, dove ho iniziato ma prima voglio sapere che cosa ne pensa Berlusconi»

La Rai chiama Mike. Lui: «Chiederò a Silvio»

Pier Francesco Borgia

da Roma

Vedere Mike Bongiorno mettersi in posa sotto il cavallo della Rai a viale Mazzini fa un certo effetto. Soprattutto se si pensa che è passato mezzo secolo dal lancio di Lascia o raddoppia? il primo quiz della televisione italiana. Il secondo colpo d’occhio davvero singolare l’offrirà una puntata speciale di Porta a porta (in programma la settimana prossima) dove Mike Bongiorno interverrà come ospite d’onore per parlare appunto dei 50 anni di Lascia o raddoppia? e della storia del piccolo schermo.
Ieri intanto i dirigenti della Tv di Stato e i principali protagonisti dei programmi più seguiti si sono stretti intorno al celebre presentatore in occasione dell’uscita del volume La vita è tutta un quiz. Da Lascia o raddoppia a oggi di Barbara Scaramucci e Claudio Ferretti (Rai Eri). C’erano tutti, da Arbore a Carlo Conti, per onorare il lavoro di uno dei pionieri del piccolo schermo.
Ha iniziato il presidente Claudio Petruccioli a tessere le lodi di Bongiorno. E lo ha fatto smentendo le analisi (ormai datate) di Umberto Eco che nel saggio Fenomenologia di Mike Bongiorno, apparso sul Verri nel ’63, definiva il presentatore un «campione della mediocrità». «La tv è sostanzialmente egalitaria. Davanti a lei siamo tutti uguali - chiosa Petruccioli -. Più che di mediocrità parlerei di normalità e quelli che Mike portava davanti alle telecamere erano appunto eroi della normalità». Gli elogi si sprecano e Mike si commuove: «I tempi sono davvero cambiati. E pensare che quando sono arrivato qui la prima volta mi trattavano malissimo».
Da manager navigato, il nuovo direttore generale Alfredo Meocci passa con disinvoltura dai complimenti alle proposte concrete. E così, davanti allo stato maggiore della Rai, invita Mike Bongiorno a tornare a lavorare per la Tv di Stato: «Mike rappresenta l’ottimismo e l’equilibrio, doti di cui la Rai ha sempre più bisogno».
Il dado è tratto e Bongiorno si vede costretto ad ammettere quasi balbettando che gli piacerebbe davvero tornare alla Rai e finire lì la sua carriera televisiva. Mike Bongiorno potrebbe tornare a lavorare in Rai, dove ha iniziato nel 1946, con un programma sulla storia della televisione. «Ho letto di questo progetto sui giornali, un programma sulla storia della televisione - spiega il presentatore -. Mi piacerebbe moltissimo ed ho già pensato a qualcuno che potrebbe farlo con me, un personaggio molto importante di cui però non voglio dire il nome». I contatti, dunque, sono a buon punto, però «devo prima vedere Berlusconi per sentire che cosa ne pensa».
Dalle mani del presidente e del direttore generale Bongiorno riceve anche due premi (una riproduzione in oro della copertina del libro La vita è tutta un quiz e il microfono usato durante la prima edizione di Lascia o raddoppia?). E commenta: «Quando ho iniziato simili discorsi sulla “nobiltà” di questa professione non li faceva nessuno». «I dirigenti di allora - ricorda il presentatore - non facevano che rimproverarmi senza il rispetto dovuto a chi bloccava davanti al piccolo schermo 23 milioni di telespettatori. Tanto erano scettici su quel primo programma di quiz che mi spedirono nella sede “periferica”di Milano per paura del flop. E così hanno fatto alla città meneghina un regalo impensabile contribuendo al suo rilancio negli anni del boom».
Il più appassionato fan di Bongiorno, e quello che ne tesse le lodi più audaci, è Pippo Baudo. «Ti vogliamo bene Mike - sentenzia -. Senza il tuo lavoro di allora, oggi nessuno di noi sarebbe qui. Tu vuoi chiedere a Berlusconi il permesso di tornare in Rai ma è lui che ti deve tutto. Se non avessi allora accettato di fare I sogni nel cassetto a TeleMilano a quest’ora Berlusconi non sarebbe nemmeno presidente del Consiglio».


La mattinata dei grandi ritorni, forse più auspicati che probabili, si è conclusa con l’esortazione di Petruccioli: «Anche Ferrara deve tornare a lavorare in Rai».

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