Politica

Rai, l’Unione ha fretta di espugnare il Cda

Nuova fumata nera: oggi un’altra riunione. Maggioranza divisa su Riotta al Tg1

Gian Maria De Francesco

da Roma

Nero. Come si dice in gergo televisivo quando l’interruzione del segnale rende lo schermo color pece. Nero è anche l’esito del consiglio di amministrazione Rai di ieri, aggiornato a stamattina alle 9.30 proprio sull’argomento più scottante all’ordine del giorno: le nomine. Anche per mancanza di segnali certi dai palazzi della politica.
La questione non è stata affrontata. Un ulteriore stop imposto dalla convocazione della commissione di Vigilanza sulla Rai decisa per venerdì prossimo dai presidenti di Senato e Camera, Marini e Bertinotti. Il direttore generale, Claudio Cappon, ha sottoposto per quattro ore ai consiglieri una serie di contratti da firmare e li ha aggiornati sulla situazione di RaiSport alla luce del caso Moggi-Ventura. Ma sulle ventilate nomine di Gianni Riotta al Tg1 e di Maurizio Braccialarghe alle Risorse Umane ancora nulla di fatto. Eppure Cappon, prima di entrare in conclave, aveva dichiarato di aver individuato «alcune essenziali proposte».
Poi, sia la convocazione della Vigilanza (che dovrebbe essere presieduta dall’ex ministro di An Mario Landolfi) sia alcune divisioni interne all’Unione sul nome di Riotta hanno reso il percorso più accidentato. Per Daniele Capezzone, segretario dei Radicali, che più volte aveva invocato la costituzione dell’organo contro lo spoil system sfrenato, è stata comunque una vittoria. «Dopo che i presidenti delle Camere hanno convocato la Vigilanza - ha detto - procedere a un blitz sulle nomine sarebbe un’offesa gravissima per Bertinotti, per Marini e per il Parlamento». Anche il consigliere in quota Fi, Giuliano Urbani, è sulla stessa lunghezza d’onda. «È una questione di opportunità, ma da ex parlamentare sono strasensibile a una richiesta che viene dal Parlamento, bisogna vedere quanto sono sensibili gli altri consiglieri», ha sottolineato.
Ma se lo stesso Fausto Bertinotti ha invocato che «la discussione sulle nomine avvenga in presenza della Vigilanza», non allo stesso modo sembra pensarla Enzo Carra dei Dl che ha invitato il cda ad avvalersi della propria «autonomia». I consiglieri di centrodestra sono però orientati a seguire le indicazioni del presidente della Camera.
Intanto, tre esponenti della maggioranza hanno incitato il ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, a prendere la situazione di petto e a sostituire il consigliere Angelo Maria Petroni, nominato dall’ex titolare di via XX Settembre, Domenico Siniscalco. L’avvicendamento ribalterebbe i rapporti di forza a favore dell’Unione (attualmente in svantaggio 4 a 5 in cda; ndr). E il nome del candidato alla poltrona c’è già: Alessandro Ovi, esperto di comunicazioni di area prodiana. L’ex consigliere Bce ha sempre frenato questa ipotesi, forte dei pareri legali circa la carenza di legittimità di un tale provvedimento.
Ma ieri dal palco della Festa dell’Unità di Pesaro sono scesi in campo sia il ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, sia il segretario del Pdci, Oliviero Diliberto. «Il governo non può non intervenire. È un’anomalia che va affrontata e risolta», ha dichiarato Gentiloni. «Io mi chiedo cosa aspetta il ministro Padoa-Schioppa - ha tuonato Diliberto - a sfiduciare il consigliere Petroni. Spero non sia troppo occupato a tagliare le pensioni degli italiani». Il diessino Fabrizio Morri ha espresso valutazioni analoghe. Secca la replica di Forza Italia con Giorgio Lainati. «Al comunista Diliberto, abituato a occuparsi delle televisioni dei regimi totalitari come quello del suo amico Fidel Castro, è estraneo il concetto di scadenza naturale del cda Rai», ha ribattuto.

La frammentazione delle posizioni all’interno dell’Unione, tuttavia, rende l’idea del putsch a Viale Mazzini sempre più appetibile.

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