Rai nel caos, nel cda è scontro sui palinsesti: Lega tentata dall’idea di votare con la sinistra

Nel Cda di oggi la consigliera lumbàrd potrebbe schierarsi con l’opposizione sui palinsesti della prossima stagione per evitare il commissariamento dell’azienda. Centrodestra ancora sulle barricate: maggiore pluralismo per uscire dallo stallo

Rai nel caos, nel cda è scontro sui palinsesti: 
Lega tentata dall’idea di votare con la sinistra

Ebbene, oggi è il giorno in cui si potrebbe consumare il ribaltone leghista. Non nel governo del Paese, ma in quello, più piccolo del governo della Rai. Che però - si dice sempre - è lo specchio del Paese. Insomma, nella guerra complicatissima che si è scatenata nel fortino di viale Mazzini, la Lega si troverà giocoforza alleata del centrosinistra. Anzi si potrebbe addirittura creare un’asse padani-comunisti-tremontiani: il peggiore degli incubi per qualsiasi «berluscones». In ballo non c’è solo l’approvazione dei programmi della prossima stagione televisiva, ma anche la salvezza dell’azienda stessa visto che, se perdurasse la fase di stallo, si potrebbe arrivare addirittura al commissariamento. Dunque, pare che la rappresentante di Bossi nel consiglio di amministrazione, Giovanna Bianchi Clerici, cambi idea rispetto alla scorsa seduta e dia la sua approvazione ai palinsesti autunnali (o almeno decida di astenersi). Stessa scelta dovrebbe arrivare dal rappresentante del ministero del Tesoro (quindi di Tremonti) Angelo Maria Petroni. Voto a favore del presidente Paolo Garimberti. E dei due consiglieri di centrosinistra Nino Rizzo Nervo e Giorgio van Straten che si sono ritrovati nella paradossale situazione di dover sostenere l’operato di coLei che ha mandato via dalla Rai il loro paladino Michele Santoro e che ora tenta di salvare i programmi dei vari Floris, Dandini, Gabanelli e Fazio, benché sotto precise condizioni.
Insomma un bel caos all’italiana. Da una parte i consiglieri di centrodestra (Antonio Verro in prima linea, orientato ad astenersi e poi Alessio Gorla e Guglielmo Rositani) che esigono che vengano approntati palinsesti dominati da maggiore pluralismo. Che tradotto in poche parole significa o chiudere alcuni dei programmi sgraditi come Report, Che tempo che fa e Ballarò o, comunque, imporre un efficace contraddittorio. Obblighi che dall’altra parte vengono visti come «censure dittatoriali». Sullo sfondo le illazioni che vedono un premier sempre più infuriato e desideroso di mettere la sordina a chi ritiene dannoso per la tenuta del governo. In mezzo a tutto questo c’è Lei, la neo dg che in poche settimane è riuscita a risolvere la questione Santoro, ma che ora sconterebbe la «colpa» di non essere riuscita a tacitare del tutto il giornalista strappandogli una clausola di non concorrenza (peraltro non prevista per i giornalisti). Perché se Santoro, come pare, andrà a fare la sua trasmissione su La7, continuerà a infiammare il suo pubblico antiberlusconiano. E, dunque, a che pro tutto questa fatica? Il canale Telecom attende di raccogliere i pezzi pregiati in uscita dalla Tv di Stato (e magari anche a prezzo ribassato visto che si troverebbero «senza lavoro»): ma, alla fine, una La7 ancora più forte e potente, tutta incentrata sull’informazione, carica di redditizie «star del giornalismo», non creerebbe ancor più problemi al governo e pure a Mediaset?
Questi i ragionamenti che si consumano in queste ore in molti ambienti, soprattutto a viale Mazzini dove, alla fine, il problema non è tanto rinnovare i contratti ai «divi della sinistra», perché comunque non si possono lasciare dei buchi enormi di palinsesto e di bilancio, ma come farlo. Se, infatti, il neo dg apporterà alcune modifiche e si impegnerà a garantire che i programmi in questione rispettino certe logiche, magari chiedendo il controllo degli ospiti o dei contenuti o tagliando alcuni spazi orari, a quel punto la palla passerà ai vari Fazio, Dandini, Floris, Gabanelli (aggiungiamo anche Luciana Littizzetto e Maurizio Crozza)... Toccherà, insomma a loro, decidere se restare in azienda e magari cominciare una lunga manfrina come quella avvenuta con Santoro, compresa di liti, oppure decidere di accettare la corte di La7 o di altre aziende. Certo è che - conoscendoli - non chineranno il capo, anche se sono ben lontani dalla predisposizione al «martirio» di Santoro.
In ogni caso, oggi, alla Lei interessa incassare l’approvazione dei palinsesti. Poi, però, i giochi non finiranno qui.

Una volta approvati, se lo saranno, si tornerà subito a parlare di nomine (ce ne sono in ballo una trentina). E allora il neo dg probabilmente dovrà ringraziare chi l’ha aiutata (la sinistra e la Lega) e, magari, subire le vendette di chi non ha accontentato abbastanza sulle questioni del «pluralismo».

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