da Roma
«Il governo deve porsi il problema», sbotta esasperato il ministro delle Comunicazioni, il diellino Paolo Gentiloni. «Chiediamo che il governo prenda provvedimenti per porre fine alla paralisi della Rai», sollecita il responsabile informazione dei Ds, Roberto Cuillo.
Tanto la Quercia quanto la Margherita sono preoccupati dalla bocciatura delle otto nomine proposte dal direttore generale Claudio Cappon giovedì scorso. Il consiglio di amministrazione di Viale Mazzini è però ancora a maggioranza di centrodestra (5 a 4) e non si può far nientaltro che girare la patata bollente a Palazzo Chigi. Che di sicuro non ha gradito il siluramento delle candidature di Giovanni Minoli alla direzione di Rai Due, di Carlo Freccero a Rai Sat e di Alberto Barbera a Rai Cinema.
Prodi e lazionista di riferimento Tommaso Padoa-Schioppa sono stati impegnati fino a ieri pomeriggio al Consiglio Ue di Bruxelles. Ma, tornato dal Belgio, il titolare del dicastero di via XX Settembre ha immediatamente ricevuto Cappon per riconfermargli la propria fiducia e quella dellesecutivo. Tanto per scongiurare lo spettro delle dimissioni del direttore generale e, contemporaneamente, riaffermare che il governo resta saldamente in sella.
Ma Padoa-Schioppa, a partire dalla prossima settimana, per una volta dovrà svestire i panni del tecnico e indossare quelli del politico a tutto campo. O perlomeno provare a farlo perché giovedì scorso non sono stati solo i consiglieri in quota centrodestra a porre un argine ai progetti capponiani mettendo in pratica una strategia studiata a tavolino da Forza Italia insieme con il trio Ronchi-Maroni-Cesa in rappresentanza di An, Lega e Udc. Tranne che su Freccero e Minoli un consigliere in quota Unione ha votato contro Cappon e questo è un problema della maggioranza in quanto tale.
Le strade che Prodi e Tps potrebbero seguire sono tre. Le prime due sono di difficile praticabilità: rimuovere il consigliere Petroni, designato da Tremonti e in quota Tesoro, sarebbe unazione tardiva così come la rimozione dellintero cda richiederebbe una convocazione dellassemblea per promuovere unazione di responsabilità. E il governo, in questa fase delicata, non può usare i carri armati per fare spoil system come a inizio legislatura.
La terza via è quella alla quale le forze politiche di maggior peso stanno lavorando: la «lenzuolata-bis» o «mini-lenzuolata». Il termine, in questo caso, non indica le pseudoliberalizzazioni del ministro Bersani, ma il ventaglio di nomine da proporre di volta in volta ai consiglieri di amministrazione. Che Cappon con i suoi otto nomi abbia forzato la mano non è un mistero, ma se riprovasse con cinque o più nomi che accontentassero tutto larco costituzionale, se ne potrebbe riparlare. Lo aveva detto anche Giuliano Urbani al termine del consiglio di giovedì scorso.
Daltronde, proprio con i ventagli di nomine condivise Ds, Margherita e prodiani stavano lentamente occupando tutti i posti che contano a Viale Mazzini. La santa alleanza stretta tra Cappon e Prodi (che avrebbe preferito Antonello Perricone) aveva ravvivato i fasti del manuale Cencelli. Lattuale dg è stato nominato il 21 giugno e si è insediato agli inizi del mese successivo. Il 19 luglio viene posto alla guida di Rai Quirinale lex vicedirettore del Tg1 (in perenne dissenso con Clemente Mimun), Daniela Tagliafico. Il 2 agosto si consolida la direzione Palinsesto con Vilfredo Agnese e la vicedirezione del Tg3 con Onofrio Dispenza e Guido DellAquila.
Il 13 settembre len plein: su chiamata prodiana Gianni Riotta va al Tg1, mentre Cappon pone due uomini di fiducia come Marco Brancadoro e Pier Francesco Forleo ai Servizi generali e agli Acquisti. L11 ottobre lopera viene completata con Antonio Caprarica alla guida del Gr e di Radiouno e con Corradino Mineo a Rainews 24, mentre il 22 novembre Riotta ottiene come vicedirettori di testata Andrea Giubilo e David Sassoli. La settimana successiva tocca allex governatore del Lazio, Piero Badaloni, lincarico di direttore di Rai Internazionale.
A parziale compensazione il centrodestra finora è riuscito a ottenere la vicedirezione generale con Giancarlo Leone, Lorenza Lei alle Risorse e il demansionamento di Clemente Mimun a Rai Parlamento più altre frattaglie. Conservate, infine, la direzione di Raiuno a Fabrizio Del Noce, di Raidue ad Antonio Marano e quella del Tg2 a Mauro Mazza.
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