Rai, va in onda lottizzazione rossa

Dal giugno scorso il centrosinistra occupa tutti i posti chiave dell’azienda Ma dopo la bocciatura delle nomine da parte del Cda il governo cerca l’aiuto della Cdl

da Roma

«Il governo deve porsi il problema», sbotta esasperato il ministro delle Comunicazioni, il diellino Paolo Gentiloni. «Chiediamo che il governo prenda provvedimenti per porre fine alla paralisi della Rai», sollecita il responsabile informazione dei Ds, Roberto Cuillo.
Tanto la Quercia quanto la Margherita sono preoccupati dalla bocciatura delle otto nomine proposte dal direttore generale Claudio Cappon giovedì scorso. Il consiglio di amministrazione di Viale Mazzini è però ancora a maggioranza di centrodestra (5 a 4) e non si può far nient’altro che girare la patata bollente a Palazzo Chigi. Che di sicuro non ha gradito il siluramento delle candidature di Giovanni Minoli alla direzione di Rai Due, di Carlo Freccero a Rai Sat e di Alberto Barbera a Rai Cinema.
Prodi e l’azionista di riferimento Tommaso Padoa-Schioppa sono stati impegnati fino a ieri pomeriggio al Consiglio Ue di Bruxelles. Ma, tornato dal Belgio, il titolare del dicastero di via XX Settembre ha immediatamente ricevuto Cappon per riconfermargli la propria fiducia e quella dell’esecutivo. Tanto per scongiurare lo spettro delle dimissioni del direttore generale e, contemporaneamente, riaffermare che il governo resta saldamente in sella.
Ma Padoa-Schioppa, a partire dalla prossima settimana, per una volta dovrà svestire i panni del tecnico e indossare quelli del politico a tutto campo. O perlomeno provare a farlo perché giovedì scorso non sono stati solo i consiglieri in quota centrodestra a porre un argine ai progetti capponiani mettendo in pratica una strategia studiata a tavolino da Forza Italia insieme con il trio Ronchi-Maroni-Cesa in rappresentanza di An, Lega e Udc. Tranne che su Freccero e Minoli un consigliere in quota Unione ha votato contro Cappon e questo è un problema della maggioranza in quanto tale.
Le strade che Prodi e Tps potrebbero seguire sono tre. Le prime due sono di difficile praticabilità: rimuovere il consigliere Petroni, designato da Tremonti e in quota Tesoro, sarebbe un’azione tardiva così come la rimozione dell’intero cda richiederebbe una convocazione dell’assemblea per promuovere un’azione di responsabilità. E il governo, in questa fase delicata, non può usare i carri armati per fare spoil system come a inizio legislatura.
La terza via è quella alla quale le forze politiche di maggior peso stanno lavorando: la «lenzuolata-bis» o «mini-lenzuolata». Il termine, in questo caso, non indica le pseudoliberalizzazioni del ministro Bersani, ma il ventaglio di nomine da proporre di volta in volta ai consiglieri di amministrazione. Che Cappon con i suoi otto nomi abbia forzato la mano non è un mistero, ma se riprovasse con cinque o più nomi che accontentassero tutto l’arco costituzionale, se ne potrebbe riparlare. Lo aveva detto anche Giuliano Urbani al termine del consiglio di giovedì scorso.
D’altronde, proprio con i ventagli di nomine condivise Ds, Margherita e prodiani stavano lentamente occupando tutti i posti che contano a Viale Mazzini. La santa alleanza stretta tra Cappon e Prodi (che avrebbe preferito Antonello Perricone) aveva ravvivato i fasti del manuale Cencelli. L’attuale dg è stato nominato il 21 giugno e si è insediato agli inizi del mese successivo. Il 19 luglio viene posto alla guida di Rai Quirinale l’ex vicedirettore del Tg1 (in perenne dissenso con Clemente Mimun), Daniela Tagliafico. Il 2 agosto si consolida la direzione Palinsesto con Vilfredo Agnese e la vicedirezione del Tg3 con Onofrio Dispenza e Guido Dell’Aquila.
Il 13 settembre l’en plein: su chiamata prodiana Gianni Riotta va al Tg1, mentre Cappon pone due uomini di fiducia come Marco Brancadoro e Pier Francesco Forleo ai Servizi generali e agli Acquisti. L’11 ottobre l’opera viene completata con Antonio Caprarica alla guida del Gr e di Radiouno e con Corradino Mineo a Rainews 24, mentre il 22 novembre Riotta ottiene come vicedirettori di testata Andrea Giubilo e David Sassoli. La settimana successiva tocca all’ex governatore del Lazio, Piero Badaloni, l’incarico di direttore di Rai Internazionale.
A parziale compensazione il centrodestra finora è riuscito a ottenere la vicedirezione generale con Giancarlo Leone, Lorenza Lei alle Risorse e il demansionamento di Clemente Mimun a Rai Parlamento più altre frattaglie. Conservate, infine, la direzione di Raiuno a Fabrizio Del Noce, di Raidue ad Antonio Marano e quella del Tg2 a Mauro Mazza.

Forse un po’ poco per affermare che la Cdl abbia determinato in questi mesi il completo stallo dell’azienda viste le contestuali rentrée di Michele Santoro ed Enzo Biagi. Senza dimenticare le tribune concesse al centrosinistra da In mezz’ora di Lucia Annunziata, la preponderanza unionista nel Tg1 targato Riotta e il Sanremo social-cultural-popolare di Pippo Baudo.

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