Sì, va bene, il Cavaliere nero ha fatto tombola, dopo le elezioni ha vinto anche il Grande Fratello e Chi vuol essere milionario, è il re della tv e a sinistra non possono nemmeno lamentarsi perché lo spoil system l’hanno fortemente voluto loro. Ma se questo di Silvio Berlusconi è un regno, un dominio, quello della premiata ditta la Repubblica & compagni che cos’è? Un impero? Una multinazionale dell’inseminazione e dell’okkupazione al valium? La Spectre di De Benedetti, Scalfari e Mauro? Guardate le figurine dei ballerini professionisti di questo gran valzer di nomine nel mondo dell’informazione. A scorrerne i profili, scoprirete che son quasi tutti figli o figliocci di Repubblica; e quando non sono stati allevati lì, hanno fatto almeno un intenso passaggio al settimanale fratello, l’Espresso.
Certo, saranno anche bravi. Ma di giornalisti in gamba è piena ogni testata, dunque è un caso strano o un bizzarro gioco del destino. E se è facile ironizzare sulla Cdl che in Rai ha incoronato direttori anche nane e ballerini accanto a fior di professionisti, che si dovrebbe dire dell’espansione repubblicana? Anche il repubblicano Napoleone, divenuto imperatore faceva re i suoi fratelli e cognati. Di internazionali d’ogni colore è piena la storia, c’erano papi neri accanto a quello vestito di bianco, il Soccorso rosso era una rete per dare una mano ai compagni, Odessa la dava ai tedeschi sconfitti e ricercati, frammassoni e focolarini condividono lo spirito di gruppo e la lealtà tra fratelli, dov’è lo scandalo?
Ma sì, non c’è scandalo alcuno, però non si può fare a meno di annotare che mentre a sinistra ci si strappa le vesti e si grida all’incipiente «dittatura berlusconiana» sul mondo dell’informazione - nonostante l’opposizione abbia garantito e conservi tutti i propri spazi e le proprie isole di privilegio in Rai, a Mediaset e a La7, da Telekabul ai Gr, da Ballarò alle Invasioni barbariche - non si vede e non s’arriccia il naso davanti al fatto che il vero monopolio più o meno occulto e velato è marcato Repubblica. Berlusca dittatore? Ma è la trinità Dibì-sca-ma (De Benedetti-Scalfari-Mauro), che governa il mondo dell’informazione, fa il bello e cattivo tempo, conquista il Messico e insedia missionari tra gli infedeli.
Chi sia davvero il «padrone delle ferriere», lo rivela l’ultima delle nomine annunciate e ormai fatte. Giulio Anselmi, gran giornalista sotto tutti gli aspetti, noto ai non addetti per aver più volte intervistato Romano Prodi, sta per essere nominato presidente dell’Ansa, la più grande, importante e famosa agenzia di stampa italiana. L’Ansa è «proprietà» degli editori di giornali, son loro che ne nominano i vertici. Il candidato del governo era un altro, Marcello Sorgi, ma lor signori - avete idea di quanto pesi il gruppo Repubblica-L’Espresso? - hanno preferito Anselmi, che già ha fatto il direttore all’Ansa, ora dirige La Stampa di Torino, ma dove s’è ricoperto di vera gloria? Alla direzione dell’Espresso. Le nomine si intrecciano fra loro, generano cloni e perpetuano la cooptazione. Chi è il candidato unico alla direzione dell’Ansa, da rinnovare entro l’estate? Luigi Contu, caporedattore di Repubblica. Niente da dire, è un bravo giornalista cresciuto all’Ansa, figlio del grande Ignazio Contu portavoce dell’ancor più grande Amintore Fanfani. Ma chi lo nominò capo del politico dell’Ansa a Montecitorio? Giulio Anselmi di cui sopra, da poco direttore dell’agenzia. Ma poiché sono i quotidiani a dare il crisma, Luigi Contu è senza dubbio una colonna portante di Repubblica.
Chi altri viene da Repubblica e cambia genere, pur essendo già direttore? Mario Orfeo, direttore del Mattino di Napoli e noto ai non addetti per rivelarsi il più informato tra i direttori ospiti nobili di Porta a porta. Orfeo è in corsa solitaria per uno dei due tg di Stato - il terzo resta al Pd, quota ex Ds perché Franceschini ha già avuto mezza quota sul presidente Rai - l’uno o il due non importa, spartirà con Mimum. A Napoli Orfeo è tornato nel 2002, ma sapete dove è cresciuto e s’è fatto le ossa e i muscoli? In piazza Indipendenza a Roma, dieci anni nella redazione di Repubblica.
Più che un giro di valzer, sembra però il trenino dei balli scolastici, perché le pedine che si spostano si portano dietro altre pedine più piccole, fedeli e collegate. Torniamo al Grande Vecchio (si fa per dire), l’ultimo pontefice rimasto del giornalismo italiano, Giulio Anselmi che apre questa danza e lascia scoperta la poltrona di Torino. Chi andrà alla direzione del quotidiano legato ad una famosa industria esperta in rottamazione d’auto? È dato per certo Mario Calabresi, noto ai non addetti per esser figlio del commissario assassinato da terroristi, che stava all’Ansa insieme al giovane Contu, e che ora è corrispondente da New York per Repubblica.
E non dimenticate la madre di tutte le nomine, quella del presidente della Rai, accolta da Palazzo Chigi su proposta del segretario del Pd. Paolo Garimberti è un grande, della classe - nel senso scolastico - degli Ostellino. Ma guarda tu, dopo aver lasciato la Stampa sono anni e anni che scrive e pilota a Repubblica e nei suoi vari Venerdì.
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