Ralph, re dei dirottatori "L’11 settembre? Aspettatevi di peggio"

Il pirata dell’aria più famoso della Storia. "Nessun controllo fermerà l’inevitabile"

Ralph, re dei dirottatori  
"L’11 settembre?  
Aspettatevi di peggio"

«Pensare che da piccolo volevo fare il pilota...» Ralph sorride e gli occhi gli tornano bambini: «Gli aerei erano la libertà, la fantasia, il cielo infinito». É un ragazzo di 63 anni adesso, non ha più la rabbia di chi cerca rivincite ma ha sempre i conti in sospeso con i suoi ricordi. Di cognome fa Minichiello perchè i suoi genitori sono di Melito Irpino, immigrati italiani in America, lui a Seattle sbarcò ragazzino, ma diventò quasi muto perchè parlava solo dialetto. Era bravo con le armi però, per questo, uomo fatto, si arruolò volontario in Vietnam, lance corporal, soldato scelto: tornò dopo tredici mesi con quattro decorazioni. Un marine. Uno dei migliori. «In Vietnam ho conosciuto tanti ragazzi allevati in brave famiglie americane, diplomati al college, membri nel coro della chiesa locale, che dopo mesi di vita allo stato animale, senza la possibilità di curare la minima igiene personale, lerci nelle loro lerce divise, perdevano l’ultima forma di pulizia possibile, quella dei sentimenti e delle parole». Tornato a casa finì sotto corte marziale. Era sparito con duecento dollari di viveri dalla base, poco più di una ragazzata. Ma decisero di fargliela pagare. Lui andò a Sacramento a comprare un fucile. E disertò un minuto dopo. Era fatto così.

Il 28 ottobre 1969, salì a bordo di un Boeing 707 della Twa in partenza da Los Angeles e diretto a San Francisco, trentanove persone a bordo, con un mitra a canna corta e 350 pallottole nascoste nella borsa. Chiese da bere, puntò il fucile in faccia all’hostess Charlene Del Monico e si fece accompagnare dal comandante: «Adesso si va a New York. Sennò sparo». Raffaele Minichiello detto Ralph diventò così il dirottatore più famoso della storia, l'uomo che ispirò Rambo a Stallone, ma non solo. Steve McQueen doveva essere lui in un film di Carlo Ponti, Mel Gibson gli offrì la luna in cambio dei diritti della sua vita avventurosa. Ma non finisce qui.

A Denver, dove i cecchini cercano la sua testa nel mirino, rilascia tutti i passeggeri, a New York, dove le teste di cuoio tentano di salire sull’aereo, sostituisce i due piloti. Spara un solo colpo che deviato da un estintore si infila sul soffitto. Nessuno apre più bocca. Vuole tornare in Italia. «Ma a quelli laggiù - ordina al comandante - devi dire che andiamo al Cairo...». Arriva a Roma dopo 6900 miglia, 14 ore di volo e centinaia di caffè per stare sveglio. «Pensavo mi avrebbero ammazzato sula scaletta dell’aereo, sapevo che i carabinieri avevano l’ordine di spararmi. Non so perchè ma non lo fecero. All’inizio volevo solo fuggire, poi ho capito che non avrei avuto scampo ma a quel punto l’onore per me era più importante della mia vita».

Lo catturarono invece mentre fuggiva nelle campagne. «N'aggio fatto niente» si scusò davanti alle tv di tutto il mondo. Vuoi dire qualcosa all’America gli chiesero: «Hi. Ciao...» Fu condannato a sette anni di prigione, ma non estradato per evitargli la sedia elettrica, lo liberò la buona condotta. «Con il secondo pilota e la hostess siamo diventati amici, con il comandante no. Ce l’ha ancora con me. Ha fatto petizione al Congresso e alla Sicurezza nazionale per chiedere come mai un pericoloso terrorista come me possa circolare libero sul suolo americano».

L’undici settembre, il dirottatore più famoso del mondo, era dove non ti aspetti: «Vendevo Smart in una concessionaria e nessuno sapeva di me. Arrivò trafelato un capo settore, disse, è successo un macello a New York. Se la sono cercata, commentò uno dei miei colleghi. Vado via di qui, decisi all’istante». Era fatto così. Quando Bush decide l’Afghanistan Ralph chiede di tornare al fronte, di nuovo volontario come più di quarant’anni fa: «Ho fatto domanda con i Navy Seals, ho sessant’anni ma posso tranquillamente superare il test fisico dei quaranta. Ma quella macchia sul mio curriculum militare me l’ha impedito. Anche se il mio comandante di plotone ha scritto: se mi richiamassero nei marines il primo uomo che vorrei al mio fianco è Minichiello».

Finisce invece a fare l’insegnante alla base di Fort Lewis a Washington: «Sono stato insieme ai ragazzi in partenza per Afghanistan e Iraq, potevano essere tutti figli miei, sapevo che molti non sarebbero tornati. Faccio fatica a ricordarli senza commuovermi ogni volta. Io sono contrario alla guerra, ma in Vietnam avrei dato la vita per la medaglia del Congresso. É vero che soldati di oggi sono molto più tecnologici di noi, ma alla si muore alla stessa maniera».
Non ha paura di niente Ralph tranne che del futuro: «Un attacco ancora più grave dell’11 settembre è inevitabile: sono in tanti pronti a farlo e gli americani se lo aspettano.

Non c’è sicurezza capace di cancellare i rischi, chi vuole colpire lo sa e sa che può colpire in qualsiasi momento. Questa società nasconde il fuoco sotto la cenere. E una persona cattiva segna più di cento buone».

Prende spesso l’aereo, Raffaele, e ogni volta si guarda attorno: «Ci sto attento ai dirottatori, butto l’occhio, so riconoscerli. E se c’è, beh, peggio per lui. Non sa che razza di guaio grosso posso essere per lui...».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica