Il rapporto a caldo degli italiani: «Spari in acqua, nessuna vittima»

Il rapporto dei marò sulla sventata minaccia alla petroliera italiana Enrika Lexie scritto a «caldo», subito dopo aver dato il cessato allarme, dimostra che i fucilieri di marina hanno fatto solo il loro dovere. Gli indiani non li avevano ancora accusati di aver ucciso due pescatori e la nave non era finita nella «trappola» del porto di Kochi dove si trova. Il rapporto, in possesso del Giornale, è stato stilato dal capo squadra del nucleo di protezione a bordo della petroliera, Massimiliano Latorre, «arrestato» domenica dalle autorità indiane. Dalle 41 righe inviate a Roma e scritte in tempi apparentemente non sospetti è chiarissimo che i marò ribadiscono di aver sparato solo in acqua contro un’imbarcazione, con uomini armati a bordo, che si è avvicinata fino a 100 metri, nonostante i segnali luminosi e le raffiche di avvertimento, prima di mollare la preda.
Come si legge sull’intestazione il fallito attacco è avvenuto alle 16, ora indiana, del 15 febbraio. Seguono le coordinate della posizione precisa dell’«unità navale Enrika Lexie» che si trova a «20 miglia nautiche (circa 40 chilometri nda) dalla costa al largo di Allepey (India)».
Il primo allarme viene dato dall’«ufficiale di guardia in plancia (dell’equipaggio civile nda)» che «informava il team di sicurezza (i 6 fucilieri del Reggimento San Marco nda) di un bersaglio presente sul radar». In pratica un’imbarcazione sospetta che si sta avvicinando troppo. Il rapporto prosegue specificando che l’unità navale è «priva di numero identificativo a circa 3 miglia a prora dritta (....) con rotta a puntare». Ovvero sta dirigendosi, come fanno i pirati, verso la petroliera. «Monitorata costantemente con “radar” e “otticamente” questa (l’imbarcazione in avvicinamento nda) risultava di piccole dimensioni». I marò sono addestrati e «alla distanza di circa 800 yards (circa equivalente in metri nda) si effettuavano ripetuti flash con panerai (proiettori luminosi nda) dall’aletta di dritta (la parte esterna a destra della plancia nda), ma senza alcun risultato». A questo punto i fucilieri di marina sono pronti a far fuoco: «Chiamata l’attivazione, (...) uno dei due operatori già in posizione (...) palesava l’arma AR 70/90 (fucile mitragliatore in dotazione nda) portandola ben in vista verso l’alto». Nonostante i segnali luminosi e la chiara dimostrazione che a bordo della petroliera ci sono militari armati «ciò non è servito a far cambiare rotta all’imbarcazione. Alla distanza di circa 500 yards è stata effettuata la prima raffica di avvertimento in acqua, ma anche questa risultava inutile per convincere l’imbarcazione ad allontanarsi». Se fossero stati solo pescatori, sarebbero stati «suicidi» a «puntare» la petroliera italiana.
«Una seconda raffica di avvertimento a circa 300 yards» viene sparata «dopo che un operatore (marò nda) aveva dato l’allarme di persone con arma a tracolla a bordo avvistati con l’ausilio del binocolo». Nel rapporto si legge che «l’imbarcazione continuava l’avvicinamento», come se fossero pirati pronti all’abbordaggio. «In due uomini abbiamo continuato ad effettuare fuoco di sbarramento in acqua - scrive Latorre- fin quando l’imbarcazione a meno di 100 yards cambiava direzione defilando». Però non è finita a dimostrazione che difficilmente si trattava di semplici pescatori. «L’imbarcazione una volta defilata dalla nostra poppa - si legge nel rapporto militare - non aveva una rotta definita, in quanto essa più volte ha ripreso la navigazione verso la nostra unità». Allora «tutto il team ha continuato a palesare le armi» e a inviare segnali luminosi «fin quando l’imbarcazione a velocità spedita dirigeva in direzione “mare aperto” allontanandosi definitivamente». Se ci fossero stati degli innocenti feriti a bordo avrebbero dovuto andare verso la costa o chiedere soccorso. «Alle ore 17 ora locale - conclude il capo di prima classe - ho ritenuto opportuno (...) cessare lo stato di allarme anti pirata svincolando l’equipaggio dal ricovero in cittadella». In pratica i marinai civili a bordo si sono chiusi nella stanza blindata che serve a resistere in caso di abbordaggio.
Il rapporto appare genuino e dimostra che i marò hanno seguito le procedure anti pirati. Secondo il rapporto non hanno mai sparato sull’imbarcazione, ma solo in acqua, anche quando era vicinissima.

Fino a prova contraria il capo di prima classe Latorre ed il sergente dei marò Salvatore Girone sono stati praticamente arrestati dagli indiani per aver difeso la petroliera facendo solo il loro dovere.
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