Per re Fahd funerali austeri e una tomba senza nome a Riad

Celebrazioni ridotte al minimo secondo la rigida tradizione wahabita per uno dei monarchi più ricchi della Terra

Roberto Fabbri

Una tomba senza una lapide, nel cimitero pubblico di Riad. Ci sono solo due pietre, poste all’estremità di una sepoltura ostentatamente anonima, a delimitare lo spazio concesso alle spoglie di re Fahd, morto all’alba di lunedì e tumulato al più presto secondo i dettami dell’Islam. E niente funerali di Stato, niente lutto nazionale, meno che mai bandiere a mezz’asta: sarebbe un sacrilegio abbrunare, anche per un monarca ricchissimo e potente, il drappo verde con la scimitarra e il motto «Non c’è altro Dio al di fuori di Allah».
Sovrani e capi di Stato di tutto il mondo musulmano e della maggior parte dei Paesi del mondo sono convenuti ieri a Riad per le esequie più singolari che si possano immaginare per un re. Nelle strade della capitale saudita la vita continuava a svolgersi come ogni giorno: negozi aperti, traffico caotico, luci e rumori di sempre, tranne che in un’area di 2 chilometri quadrati attorno alla moschea. Qui erano concentrati i quasi diecimila membri della sterminata famiglia reale saudita e le decine di dignitari stranieri.
Non era mancanza di rispetto per il defunto, ma la semplice conseguenza del fatto che in Arabia Saudita vige il wahabismo, la più austera e rigorosa versione della religione musulmana. Per i seguaci di questa corrente dell’Islam la morte di ciascuno, si tratti di un povero o di un re, non è che la volontà di Dio, e ogni pompa o eccessiva manifestazione di lutto dev’essere evitata perché di fronte alla morte ogni uomo è uguale. Venerare le tombe è poi considerato addirittura una forma di idolatria. Così, tutto il mondo ha potuto vedere in televisione la salma del re di uno dei Paesi più ricchi della Terra trasportata nella moschea Turki bin Abdallah per il rito funebre su una barella di legno e avvolta in un sudario marrone e avviata al cimitero dopo poche preghiere recitate dal nuovo re Abdallah e dal gran muftì Abdul Aziz al Sheikh, massima autorità religiosa del regno. Seguirne la sepoltura in una tomba senza nome accanto ad altri re e a tante persone comuni, mescolati nell’anonimato della morte.
Se queste sono state le forme esteriori dell’addio a re Fahd, certamente non è mancata la sostanza. Politica, s’intende. I numerosi potenti convenuti a Riad hanno ovviamente colto l’occasione per fare il punto sulle prospettive dell’Arabia Saudita e sulle novità in campo geopolitico e petrolifero.

Tra i nomi occidentali più importanti quelli del vicepresidente americano Dick Cheney e dell’ex presidente George Bush senior, del presidente francese Jacques Chirac, dell’erede al trono britannico principe Carlo, del presidente del Senato italiano Marcello Pera. Fra gli arabi il re di Giordania Abdallah, il presidente egiziano Hosni Mubarak e in rappresentanza dell’Irak il presidente della Repubblica Jalal Talabani e il premier Ibrahim Jaafari.

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