Il re della 'ndrangheta girava in Motoape

'Viaggio a Rosarno, la città dove Domenico Oppedisano, arrestato con l'accusa di essere il capo della ndrangheta, conduceva una vita morigerata

Micu Oppedisano, il capo dei capi della 'ndrangheta, colui che era stato scelto lo scorso anno a presiedere la Provincia da ieri mattina è in carcere. Il suo volto, da perfetto sconosciuto che era, adesso è noto a tutti. A Rosarno tutti si domandano se è vero quanto riportato dalla tv e dai giornali. Le finestre della sua casa con annesso orto con serra, dove preparava le piantine che vendeva nei mercatini locali, sono sbarrate. Nessun segno di vita. Nemmeno tra i vicini di casa. Qualcuno che viene avvicinato dai cronisti incrocia le braccia e serra la bocca.
Qui a Rosarno nel cuore del mandamento tirrenico, nella Piana di Gioia Tauro nessuno parla, almeno con i giornalisti accusati di continuare a criminalizzare la comunità. È accaduto a gennaio con la rivolta degli immigrati, continua ancora oggi.
A Piazza Valarioti, cuore pulsante della città, intitolata al giovane segretario del Pci che nel 1980 venne ammazzato dalla 'ndrangheta c'è sempre gente. Ci sono le poste ma anche tanti negozi. Anche qui è inutile fare domande su «Micu». Qualche sorrisetto, una scansata di spalle,nessuno parla. E se qualche parola esce dalla bocca di qualcuno e solo per dire: « Ma finitila. Dassatini stari (lasciateci stare)». Si continua il giro a Rosarno alla ricerca di qualche traccia del boss.
Finalmente qualcuno parla. Dice che non crede a quello che è stato detto su don Micu. «Se lu girati a testa sutta, non 'nci nesci 'na lira da sacchetta». Un luogo comune per dire che Oppedisano è sempre stato povero e se lo si gira a testa sotto non esce un soldo. Un contadino che viveva del suo lavoro e che si faceva vedere in giro alla guida della sua vecchia moto ape caricata di piantine.
Nell'immaginario collettivo un vero boss da queste parti non può non essere ricco, avere i « palazzi, i machini di lussu e le terre». Un capo deve quasi ostentare ricchezza per essere rispettato. Oppedisano non era così. Anzi il contrario. Un vecchio uomo d'onore che andava anche a messa e che non ha mai fatto parlare di se e che aveva rispetto per tutti. « Uno della vecchia società» come dicono da queste parti. «Quelli che camminano con la giacchetta». Tutti attillati per ostentare dignità come facevano quelle con il «muffo» il vecchio fazzoletto che portavano al collo i vecchi uomini d'onore. Parole che fanno da contrasto però con quelle immagini registrate dai Carabinieri a Polsi.
Si vede un vecchio riverito e omaggiato da padrini che contano come i Commisso, i Pelle, gli Alvaro ecc. Ed allora i dubbi aumentano e quelle immagini diventano scene che provocano sconcerto. Che si sia tornati indietro per evitare un sorta di tracollo delle vecchie regole? Al contrario di Oppedisano, Pino Neri, originario di Giffone, piccolo centro della Piana sulle montagne della Limina al confine tra le Serre e l'Aspromonte spopolato dall'emigrazione, capo della Lombardia.


Anche Neri ritenuto essere il referente della 'ndrangheta del Nord a capo di 15 locali, emigrò nel 1985 a Pavia. Aveva 28 anni quando partì. Qui studiò riuscendo a laurearsi in giurisprudenza presentando una tesi sui vecchi riti di 'ndrangheta. A Giffone fece pure politica diventando consigliere comunale e persino assessore.

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