Redditi, già centomila richieste di danni

Dopo Roma e Catania anche la procura di Rieti apre un fascicolo contro il fisco. Montezemolo: "Assurdo rivelare on line le dichiarazioni. Si rischia di dividere il Paese"

Redditi, già centomila richieste di danni

Ci sono già centomila richieste di danni. Centomila italiani che hanno scaricato e compilano i moduli per il risarcimento chiesto dalle associazioni dei consumatori. Il caos redditi continua e internet è sempre il filo conduttore: prima nel pasticcio ora anche nel rimedio. Perché le richieste di rimborso vengono compilate on-line e poi finiranno in un unico fascicolo che arriveranno sulla scrivania dei magistrati che indagano sul grande caos dei redditi finiti su internet. Alla fine le procure potrebbero essere centoquattro. Ora sono già tre: dopo la prima inchiesta di Roma, e la sua gemella catanese, anche la procura della Repubblica di Rieti ha aperto ieri un fascicolo sulla diffusione sul web dei redditi di 38milioni di contribuenti italiani.
Per la terza volta in cinque giorni una procura accoglie quindi le istanze del Codacons, l’associazione dei consumatori che ha presentato ben centoquattro denunce penali in altrettante procure, al fine di ottenere risarcimenti ai danni subiti dagli italiani per la «pubblicazione non autorizzata delle loro entrate». «Tratterò il fascicolo personalmente - ha assicurato il procuratore Salvatore Cantaro - per verificare eventuali danni subiti dai contribuenti reatini». Per ora non è dato saperlo, né avrebbe senso ipotizzare davvero che centoquattro procure aprano tutte, da nord a sud, un fascicolo analogo; ma se il trend non si fermerà, presto l’Agenzia delle entrate potrebbe davvero battere tutti i record di citazione in giudizio.

Gli italiani chiedono 520 euro a testa, la cifra che le associazioni dei consumatori hanno quantificato simbolicamente come danno per ciascun contribuente. La gran parte degli italiani è scesa sul piede di guerra, nonostante lo stop da parte del garante della privacy, alla pubblicazione on-line dei redditi. «Uno stop che però non ostacola la trasparenza» ha precisato ieri mattina il garante Francesco Pizzetti ai microfoni di «Panorama del giorno» di Maurizio Belpietro. «Nel testo del provvedimento di stop abbiamo specificato che questo non toglie nulla alla conoscibilità dei dati con le modalità tradizionali negli elenchi presso i comuni, non toglie nulla alla trasparenza, non toglie nulla al diritto di cronaca cioè alla possibilità per i giornali di pubblicarli». Il Garante ha quindi rimarcato che, quanto alla pubblicazione sui giornali dei dati dei personaggi noti, «non c’è nulla di nuovo rispetto al sistema precedente».

Pizzetti ha poi sottolineato come la pubblicazione on line non avviene del resto in nessun Paese al mondo: «Abbiamo fatto un’indagine con i nostri colleghi europei. Non c’è alcun paese al mondo che accetta questo tipo di consultazione». Infine, alla domanda se la pubblicazione in internet dei dati serva alla lotta all’evasione, Pizzetti ha risposto che «può servire a una forma di controllo sociale, ma la lotta all’evasione certo non si fa in questo modo».

Sulla stessa linea il pensiero del presidente uscente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo: «La pubblicazione delle dichiarazioni dei redditi on line è una cosa sbagliata e pericolosa: fa male al Paese, e si rischia di spaccarlo, di mettere gli uni contro gli altri. La gogna mediatica non va bene. E che sia una cosa sbagliata e pericolosa - ha insistito - ve lo dice uno che sostiene che chi evade le tasse ruba.

Dunque ben venga la lotta all’evasione e la trasparenza su chi evade le tasse». Montezemolo ha dunque auspicato «trasparenza non solo verso chi paga le tasse ma anche verso chi le incassa» tenendo conto che «c’è un 48 per cento di Pil che noi manteniamo con le nostre tasse».

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