Chiara Campo
Nettamente superiore alla media italiana, ben 10 punti in più. Ma arrivare quasi in fondo alla gara della «defluenza» non è servito ai fini del referendum sulla procreazione assistita, che è stato un flop a Milano come nel resto del Paese. Ieri alle 15 si sono chiuse le urne e il risultato è stato schiacciante: per cambiare la legge 40 hanno votato poco più di 360mila cittadini. Laffluenza ha oscillato tra il 35,92% per il primo quesito sul divieto di fecondazione eterologa, il 35,98 per il terzo e il 35,99 per i primi due. In tutti i casi, hanno votato più donne che uomini, ribaltando il trend con cui si era chiusa la prima giornata di referendum. Adesione più elevata al voto nel centro storico (35,9 per cento) seguito dalla zona Venezia-Città Studi. Meno interesse in periferia, e laffluenza inferiore si è registrata in zona Stazione Garibaldi-Niguarda (34,5-34,6 per cento). In Provincia (139 Comuni, per 2.874 sezioni) ladesione è stata del 33,5%, e anche qui le donne sono andate alle urne più degli uomini. Più basso - 26,7 per cento - il dato sullaffluenza regionale. Per la cronaca: tra chi ha votato, vittoria netta dei sì per i primi tre quesiti, mentre sul quarto il 77,8% si è espresso a favore e il 22,1% contro la revisione.
Il mancato raggiungimento del quorum ha aperto polemiche tra e allinterno dei partiti. «È legittimo astenersi - commenta il sindaco Gabriele Albertini -, perché la normativa che regola il referendum prevede che una delle condizioni sia quella di far fallire la consultazione con unassenza del quorum, come è successo. Rispetto il punto di vista della maggioranza dei cittadini che non ha votato». Per il presidente della Provincia, Filippo Penati, «il fatto che il quorum non sia stato raggiunto non deve essere letta come una contrapposizione tra laici e cattolici e non deve essere usato per fomentare divisioni. I cittadini hanno scelto consapevolmente di non votare per quattro quesiti che hanno ritenuto molto complessi. È un esito di cui bisogna tenere conto che caso mai porta a interrogarsi sull'utilità dello strumento referendario in materie di non immediata comprensione». Polemico il vicepresidente della Provincia, Alberto Mattioli: «Indurre a rispondere sì o no, in merito a questioni tanto delicate e complesse, è stato inopportuno. Trasformare il referendum sulla legge 40 in un pretesto politico, con tanto di propaganda e calunnie verso le opposte opinioni, ha offeso i valori, la dignità e la libertà di molti cittadini. E il suo fallimento ha dimostrato quanto, invece, tali principi siano tuttora forti e condivisi nella coscienza della maggioranza delle persone, tanto da non subire né condizionamenti né ingerenze strumentali».
Il non voto «non è leffetto di una crisi democratica o della pigrizia dei cittadini accaldati - sostiene il capogruppo lombardo di Forza Italia, Giulio Boscagli -. Gli elettori hanno compiuto una scelta largamente consapevole. Gli italiani, nonostante una campagna di disinformazione senza precedenti, hanno consapevolmente riconosciuto che un tema così complesso non può essere deciso con una croce su una scheda. Hanno detto ai demagoghi che il Parlamento è il luogo in cui si fanno le leggi e dove, eventualmente, si modificano». È «la vittoria della maturità degli italiani, che non si sono divisi fra guelfi e ghibellini, fra cattolici e non, ma hanno semplicemente scelto con il proprio silenzio assordante il rispetto inviolabile per la persona», sostiene lassessore lombardo alle Reti e Servizi di pubblica utilità, Maurizio Bernardo.
Milano, con il suo 36% di partecipazione al voto, «si conferma come una città laica e attenta ai diritti e alle libertà dell'individuo», afferma lassessore comunale ai Servizi sociali, Tiziana Maiolo. Critici i consiglieri regionali dei Verdi, Carlo Monguzzi e Marcello Saponaro, secondo i quali «va rivista la legge sul referendum, con labolizione o la riduzione del quorum e laumento delle firme necessarie a promuoverlo». «Dopo la vittoria dell'astensione, di dimensioni non preventivabili, ora pensiamo al partito - afferma invece leuroparlamentare di Alleanza Nazionale, Romano La Russa -. Dobbiamo, tutti insieme, rimboccarci le maniche e pensare al futuro di An».
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