Referendum, Italia al bivio per un nuovo Stato

Calderoli: «Da mesi la grande stampa è diventata il volantino elettorale dell’Unione»

Anna Maria Greco

da Roma

Confermare o cancellare la riforma costituzionale della Cdl? Questo è il problema, per circa 50 milioni di italiani (compresi i residenti all’estero) che tra oggi e domani vanno alle urne. O meglio, il problema è capire che cosa c’è dietro questo difficile quesito del referendum. Federalismo, premierato, nuovo bicameralismo: concetti tecnici e complessi per gli elettori che, per lo più, si affidano ai partiti di riferimento, più che agli esperti in materia.
Così scelgono il Sì o il No e allora il voto sulle modifiche della seconda parte della Costituzione, approvate l’anno scorso, assume inevitabilmente un significato fortemente politico. Per il centrodestra sarà anche un voto sul governo-Prodi e la sua risicata maggioranza in Parlamento; per l’Unione, invece, il risultato non influirà sull’esecutivo ma peserà sull’intero Paese, anche perché la riforma entrerà in vigore tra il 2011 e il 2016.
Alla vigilia del referendum i toni sono sempre accesi e il presidente della Corte Costituzionale, Annibale Marini, si unisce all’appello al voto lanciato prima dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano e poi dal presidente del Senato, Franco Marini. «Votare - ricorda - è un diritto che tutti dobbiamo esercitare, soprattutto quando riguarda cambiamenti così importanti come quello della nostra Costituzione».
Votare, già. Ma il leghista Roberto Calderoli lancia l’allarme sul rischio di brogli, dopo che il Viminale ha bocciato in modo quasi «adirato» la richiesta del Comitato del Sì di posticipare lo spoglio elettorale per la concomitanza con la partita della nazionale di calcio. Gli scrutatori si distrarranno, avverte La Padania. E gli interessati sperano in uno scrutinio-lampo entro le 17, per poi tifare Italia. Calderoli attacca anche i maggiori quotidiani, diventati da un mese «volantino elettorale del No del centrosinistra» e sostiene che solo con la vittoria del Sì l’economia si riprenderà. Il suo successore al ministero delle Riforme, il Ds Vannino Chiti, s’impegna in vista della desiderata vittoria del No, a proporre in Parlamento di aumentare il quorum per la modifica della Costituzione, in modo da impedire che ciò avvenga a colpi di maggioranza. Parole che, per Calderoli, «sono la prova che il centrosinistra non vuole le riforme». Negli ultimi appelli al voto c’è chi punta sulla mobilitazione del Sud e chi su quella del Nord. Il segretario dei Ds Piero Fassino, dice che la riforma costituzionale «penalizza il Mezzogiorno» e per questo esorta gli elettori di quelle regioni a votare No. Guido Crosetto, coordinatore piemontese di Forza Italia, sottolinea che «per la parte più avanzata del Paese è un suicidio non partecipare al voto e non votare Sì». Franco Giordano, segretario di Rifondazione comunista, è sull’altro fronte: «Il nostro No nasce da lontano e non prevede pasticci, non contempla improbabili assemblee costituenti o deprimenti e nefaste bicamerali». Mentre il senatore Domenico Nania di An sostiene che il Sì a questo referendum «determina la nascita della nuova Italia, un'Italia con un federalismo che avvicina lo Stato ai cittadini».Maurizio Migliavacca, coordinatore della segreteria nazionale Ds, protesta per l’attacco «oltraggioso e ingiustificato» di esponenti del centrodestra al senatore a vita Carlo Azeglio Ciampi, dopo la sua dichiarazione di voto per il No. E il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, si dice contrario «a una Costituzione stagionale che chiunque vince, cambia».
Ma qualunque sia l'esito del referendum sulla devoluzione, il Parlamento dovrà presto riprendere ad occuparsi di riforme istituzionali e già ora qualcuno ragiona su come far ripartire il dialogo tra i poli, superando eccessive contrapposizioni. Il primo confronto bipartisan lo propone, per il 4 luglio, la Fondazione della Camera, fino a un mese fa presieduta da Napolitano ed ora da Pier Ferdinando Casini.

L’iniziativa è dell'ex-presidente Udc di Montecitorio e del suo successore Fausto Bertinotti, leader del Prc. Ci saranno studiosi, costituzionalisti e, in una tavola rotonda, Gianfranco Fini e Giulio Tremonti per l'opposizione, Dario Franceschini e Luciano Violante, per la maggioranza.

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