da Torino
Qualcuno dice che il suo è il gesto di una madre. Il ragazzino non dimostra più di 15 anni. Ha la mano tesa e viene da lontano. Fa la carità davanti al McDonalds di piazza Castello, lì dove Torino è più ricca. Non è italiano e forse ha fame. La donna lo vede e pensa ai suoi cinquantanni, a una vita con tante cicatrici, al divorzio, al figlio da mantenere e al suo lavoro di cassiera part-time. Lei è una precaria, lui un extracomunitario. È lora di pranzo. La donna prende un piatto di patatine fritte e una coca-cola. Offre il pacchetto al ragazzo. Non batte lo scontrino. È il 2001 e la sua carriera finisce lì. Lazienda la licenzia. Ora combatte in tribunale. Tre giorni fa il primo passo in aula di giustizia. Bocciata. Il giudice ha respinto il suo ricorso. Senza ascoltare testimoni.
Qualcuno dice che il suo gesto è irresponsabile. La carità non si fa con la roba degli altri. Troppo facile. La signora ha sbagliato e deve pagare. Alla donna il gesto non sarebbe costato così caro se avesse battuto uno scontrino a zero lire. «A vederla dall'esterno - dichiara il difensore della società, Arturo Amore - sembra una questione bagatellare. Ma la signora, regalando un bene aziendale, ha compiuto un gesto in grado di mettere la rivendita in gravissime difficoltà. McDonald's avrebbe persino potuto rescindere il contratto di franchising. Senza contare la normativa fiscale, che prevedeva sanzioni non da poco per il negoziante che non emette uno scontrino: bastava che tra gli avventori ci fosse stato un finanziere... Si è trattato di beneficenza, ma di beneficenza compiuta con la roba degli altri». Il ragazzo vendeva accendini e fazzoletti. La cassiera dice che per farlo mangiare ha rinunciato al suo pasto. Un pasto di cui, come dipendente (sia pure part time) aveva diritto: «Non avevo fame, non mi sentivo bene e allora ho preferito così».
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