Reggiani, il pm chiede l'ergastolo per Mailat

I giudici della terza Corte d’Assise decideranno domani. Il romeno è accusato di violenza sessuale, rapina e omicidio nei confronti di Giovanna Reggiani, a Tor di Quinto il 30 ottobre scorso. L'accusato: "Io, capro espiatorio". La famiglia: "Abbiamo fiducia nella giustizia"

Reggiani, il pm chiede l'ergastolo per Mailat

Roma - Condannare Romulus Nicolae Mailat accusato della morte di Giovanna Reggiani, all’ergastolo. Questo quanto chiesto dal pm Maria Bice Barborini nel processo contro il romeno accusato di aver ucciso la Reggiani, la donna aggredita nei pressi di Tor di Quinto il 30 ottobre scorso e deceduta dopo due giorni di agonia in ospedale. I giudici della terza Corte d’Assise emetteranno la loro decisione domani.

Il teste che inchioda Mailat Il pm Maria Bice Barborini, nel corso della sua requisitoria durata circa un’ora e mezza, ha ripercorso i fatti per i quali Mailat si trova sotto processo. Per ricostruire le vicende che hanno preceduto e seguito l’aggressione a Giovanna Reggiani (morta in ospedale dopo due giorni di agonia), ha indicato le dichiarazioni di tutti i "testi chiave". Da quelle di Dorin Obedea, suocero di Mailat, che "ha detto di aver visto il genero colpire la donna con pugni e un bastone e strapparle poi la borsa", a quelle di Nicolaie Clopotar, un rom che disse di "aver saputo da Obedea che sul luogo dell’aggressione c’erano Mailat, lo stesso Obedea e altre due persone". Fino alle dichiarazioni di Emilia Neamtu, zia di Mailat, la "supertestimone" che stimolò il 30 ottobre 2007 la chiamata al 113 dopo "aver visto Mailat con sulle spalle una persona che stava trascinando". Alla fine, per il pm è rimasto il fatto che "dalle analisi emerge che la signora Reggiani è stata violentemente colpita più volte con pugni e un corpo contundente" e che "non ci sono tracce palesi di altre persone che hanno partecipato con Mailat all’aggressione". Dopo la pausa, il processo riprenderà con la discussione dell’avvocato di parte civile, in rappresentanza del marito della signora Reggiani, e con il difensore dell’imputato.

La difesa: "Il teste ha un alibi" "La testimonianza di oggi getta una grossa ipoteca sull’impostazione dell’accusa. Daniela Zagadau ha affermato di aver visto Mailat bere assieme ad altre persone fin verso le 20, circostanza che esclude che possa essere stato il mio assistito il responsabile del delitto". L’avvocato Piero Piccinini commenta così la deposizione resa in videoconferenza, in collegamento con la Romania e in sede di rogatoria, della zia di Romulus Nicolae Mailat, imputato davanti alla terza corte d’assise della Capitale, per omicidio volontario, rapina e violenza sessuale in relazione all’aggressione della 47enne Giovanna Reggiani. Daniela Zagadau, testimone indicata dalla difesa, ha raccontato, in particolare, che con Mailat, quella sera, c’erano anche, tra gli altri, Dorin Obedea, il suocero dell’imputato, e Tiberian Lingurar: "Bevevano birra vicino alla baracca. Non ricordo esattamente l’orario, ma presumo verso le 8. Hanno smesso di bere una mezz’ora dopo. Ho rivisto Mailat quando è stato arrestato, più o meno un’ora dopo l’episodio della birra. Non ho notato sul suo volto macchie di sangue", ha aggiunto rispondendo a una specifica domanda del pm Maria Bice Barborini. All’inizio della sua deposizione la donna è stata avvisata dal presidente della corte d’assise, Angelo Gargani, che, come parente dell’imputato, avrebbe potuto astenersi dal testimoniare, ma la romena ha comunque accettato di parlare. "In base alla ricostruzione del pm - ha spiegato ancora il difensore - l’aggressione alla Reggiani sarebbe avvenuta tra le 19,45 e le 20,30, il chè è difficilmente compatibile con le dichiarazioni rese oggi".

I testi sentiti Prima della zia di Mailat, è stato sentito il marito Doru Zagadau, di Avrig, in provincia di Sibiu: ha raccontato di aver vissuto a Roma, nel campo di Tor di Quinto, di essere rimasto in Italia per un anno e tre mesi lavorando come carpentiere e di essere partito per la Romania quattro giorni dopo l’arresto di Mailat. "L’ultima volta che l’ho visto - ha detto - è stata un pomeriggio di ottobre dello scorso anno. Non ricordo il giorno. L’ho incontrato verso le 5.30 tornando dal lavoro. Era la stessa sera in cui è arrivata, intorno alle 9-9.30, la polizia al campo. Mailat mi ha invitato a bere una bottiglia di birra. Sono andato vicino alla sua baracca, erano le 7 meno 20, ma sono rimasto lì soltanto per 5 minuti circa perchè mia moglie stava preparando la cena. Preciso di non aver bevuto la birra. Assieme a Mailat c’erano Tiberian Lingurar, un tale Dorin di cui non conosco il cognome e altre persone che abitavano nel campo". Il teste, così come la moglie, ha sostenuto di non aver notato il sangue sul volto di Mailat perchè la polizia non consentiva ad alcuno di avvicinarsi al connazionale: "Hanno picchiato chiunque, anche donne, volesse avvicinarsi". A questo punto il pm gli ha ricordato di essere sotto giuramento e di dire, quindi, la verità dal momento che dagli atti risultano circostanze diverse, e cioè che ad essere aggrediti furono i poliziotti che dovettero lasciare in fretta il campo. Gli zii dell’imputato hanno dichiarato, inoltre, che Dorin Obedea, suocero di Mailat, non abitava con quest’ultimo, nella stessa baracca. Una maggiore responsabilità di Obedea, già coinvolto nella vicenda della ricettazione del telefonino della vittime, è stata ventilata più volte dall’avvocato Piccinini: "In sede di discussione indicherò un’ipotesi ricostruttiva adeguata che contempla più persone sulla scena del delitto. Purtroppo nessuno di Prima Porta, dove si sono trasferito alcuni romeni, vuole parlare". E del resto, gli altri connazionali di Mailat, lo stesso suocero, Nicolae Clopotar e Tiberian Lingurar, convocati dalla corte, sono risultati irreperibili.

La famiglia: "Fiducia nella giustizia" "L’ammiraglio Giovanni Gumiero è impegnato in una delicata missione all’estero e oggi sono state comunque acquisite al processo le sue dichiarazioni rese in precedenza al pm. Del resto non avrebbe potuto aggiungere alcunchè al processo e la sua presenza sarebbe stata probabilmente inutile. Continua a seguire tramite me quello che succede in aula, con la massima e incondizionata fiducia nella giustizia", ha detto l’avvocato Tommaso Pietrocarlo, legale di parte civile per l’ammiraglio Giovanni Gumiero, marito di Giovanna Reggiani, al termine dell’udienza.

Mailat: "Io capro espiatorio" Ha parlato con l’interprete del tribunale dopo che il pm aveva concluso la sua requisitoria. Mailat, accusato di aver ucciso, violentato e rapinato Giovanna Reggiani, ha ribadito la sua versione dei fatti. "Non ho le parole, non le ho mai avute - ha spiegato - rimango sempre della stessa opinione, mi affido alla giustizia divina. Durante il processo non ho mai avuto alcuna reazione perché ho capito che sarebbe stato inutile".

E poi ha proseguito: "Volevano a tutti i costi un colpevole per un fatto così grave. Penso di essere stato estratto da un mazzo di carte, sono un capro espiatorio, forse per tutti i romeni che hanno commesso reati in Italia".

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