I numeri fanno un po’ impressione: in soli quattro giorni sono già arrivate più di dieci richieste ai volontari dei centri di aiuto alla vita. Tre donne al giorno scelgono di non abortire e accettano i contributi messi in campo dalla Regione Lombardia. Se a questi casi si sommano le richieste raccolte durante l’estate, si arriva a una cinquantina di aborti evitati. Per ora. Già, perché, stando all’andazzo dell’anno scorso, i volontari del Cav si aspettano richieste ben più sostanziose. «Facciamo circa 80 colloqui al mese - spiega la presidente Paola Bonzi - e sono tutte donne a rischio aborto, la maggior parte per motivi economici e difficoltà pratiche. Riusciamo a convincerne la metà a continuare la gravidanza. Fosse per noi, se potessimo aiuteremmo tutte le donne che ci chiedono aiuto. Ma i soldi non bastano mai. L’anno scorso abbiamo fatto i salti mortali per trovare il modo di dare una mano a tutte, nemmeno fossimo dei saltimbanchi. Solo per i sussidi alle donne a rischio aborto abbiamo speso 95mila euro al mese».
I centri Cav, che per un terzo delle loro spese sono coperti dai rimborsi regionali, spendono circa 1,8 milioni all’anno per le loro campagne anti aborto. Soldi investiti in spese mediche, visite dal ginecologo, colloqui con lo psicologo, progetti di prevenzione e assegni alle mamme.
E la regola è sempre la stessa: quando in cassa non è rimasto nemmeno un euro, ecco che alla porta di qualche centro si presenta un’altra donna ai primi mesi di gravidanza che, piangendo e con un filo di voce, dice di voler-dover abortire. «Come potremmo non aiutarla? - si squagliano i volontari - Alla fine, in un modo o nell’altro, cerchiamo sempre di trovare una soluzione, anche se siamo con l’acqua alla gola».
Di sicuro, con i fondi Nasko della Regione Lombardia, ora si cambia musica. Arrivano i rinforzi e i volontari potranno gestire meglio gli assegni da 250 euro al mese per le mamme che proseguono la gravidanza. L’iniziativa, voluta dal presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, prevede sostegni per 18 mesi, prima del parto e nei primi mesi di vita del bambino.
«In questo modo - fa i conti la direttrice del Cav - potremo assicurare aiuti alle mamme per un periodo di tempo più esteso. In passato, quando c’erano le risorse, riuscivamo ad affiancare le mamme con difficoltà economiche anche per tre anni. Poi ovviamente abbiamo dovuto ridurre sia il periodo di assistenza sia l’ammontare degli assegni, dando un po’ di meno ma assicurando un aiuto, seppur minimo, a tutte».
Alle mamme verrà data una tessera prepagata che ogni mese sarà caricata con 250 euro e che potrà coprire le spese necessarie al bambino o le visite mediche.
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