La Regione non paga, case di cura al collasso

L’Ugl chiede l’apertura di un tavolo comune con associazioni e imprenditori sulla vicenda

Alessia Marani

Vertenza Caracciolo: tra clinica e Regione è braccio di ferro. Restano ancora senza stipendio i 60 fra dipendenti e collaboratori dell’Hospice oncologico di viale Tirreno, ma quel che è più grave è che da un momento all’altro potrebbe essere sospesa l’assistenza ai circa 90 malati terminali in cura presso la struttura, una tra le pochissime (una manciata in tutto) che nel Lazio offre questo tipo di servizio. A nulla è servito l’incontro tra la proprietà e l’assessore alla Sanità Augusto Battaglia: «In quindici minuti - spiega Luca De Marchis, gestore della “San Francesco Caracciolo” - ci è stato prima proposto di andare avanti chiedendo un fido decisamente poco chiaro a una banca di loro indirizzo; al nostro rifiuto sono partite le minacce dell’assessore: “Allora chiudo il contratto e lo dò a qualcun altro”. Insomma - continua De Marchis - il nostro debito di 5.850.000 euro non può essere saldato perché, dicono, mancano i fondi. Però il servizio può essere girato a qualcun altro». La risposta dell’assessorato si concretizza in un’ermetica nota di poche righe inviata il 6 dicembre all’amministratore De Marchis: «Si invita a garantire l’assistenza ai pazienti in carico - si legge - evitando, con l’adozione di provvedimenti non concordati, disagi agli assistiti e interruzione di pubblico servizio». Ieri l’ennesima missiva inviata dalla direzione della clinica di Montesacro in cui si fa presente al «Gentilissimo Assessore» che «nell’assoluta impossibilità di garantire assistenza sanitaria a causa della situazione fallimentare dovuta al mancato pagamento delle rette, si invita a comunicare immediatamente e in maniera estremamente chiara un percorso che tuteli i pazienti ed eviti una repentina interruzione di pubblico servizio. In attesa di un sollecito riscontro, la Clinica declina ogni responsabilità civile e penale dovuta ad atti od omissioni che trascendono da qualsivoglia volontà».
Di fatto, da aprile di quest’anno a pagare di tasca propria le mensilità al personale impiegato è la proprietà della Caracciolo. «Ormai, però - afferma De Marchis - la situazione è precipitata. Viviamo del credito dei nostri fornitori. E non potremo bussare oltre alle banche. Rischiamo di indebitarci fino al collo. Tempo fa, fummo costretti a chiamare il 113 perché era stata interrotta l’erogazione di cibo ai degenti. Ma non possiamo più andare avanti e la Clinica rischia la chiusura. Non basta. Alcuni infermieri hanno già lasciato il lavoro in cerca di altro e la tensione nelle corsie è alle stelle. Lo scontento generale si ripercuote sui pazienti che, invece, dovrebbero trovare qui sollievo e sostegno. Chiediamo - conclude - alla Regione di mettersi una mano sul cuore e di non abbandonare questi malati». Sulla questione (da mesi dipendenti e parenti dei degenti sono sul piede di guerra e manifestano con un presidio fisso) è intervenuta anche l’Ugl, Unione generale del lavoro che ha chiesto all’assessore Battaglia di intavolare un confronto «allargato» con le altre realtà locali che lamentano crediti insoluti.

«Numerose case di cura hanno lo stesso problema - dicono Armando Savina e Maurizio Zanzarri, segretario Ugl Sanità Privata e segretario regionale -, chiediamo urgentemente la convocazione di un tavolo tra associazioni imprenditoriali, sindacati e Regione per cercare di affrontare la situazione e scongiurare possibili iniziative di lotta che potrebbero avere pesanti ricadute sul servizio».

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