Continua la marcia di Matteo Renzi, inarrestabile. A meno di due mesi dalle primarie, il sindaco di Firenze intensifica gli assalti al governo Letta, sciorina il programma per "rivoluzionare" il Paese e demolisce, uno per uno, i leader del partito. "L’Italia ha bisogno di una svolta radicale perché quello di cui l’Italia ha bisogno non è cambiare tutto - ha spiegato in una intervista al Corriere della Sera - ma cambiare tutti, anche l’establishment economico e finanziario, che ha colpe forse non più gravi di quelle dei politici". Così, dopo aver bastonato le banche, tira bordate contro Quirinale, Palazzo Chigi e via del Nazareno. Il tutto, a suo dire, per rimanere primo inquilino di Firenze. In realtà, il progetto è molto più ampio.
In una chiacchierata col Corriere della sera, Renzi si riscopre di sinistra e attacca a testa bassa il "sistema capitalistico italiano". "Ha responsabilità atroci - spiega l'ex rottamatore - inutile lamentarsi solo della politica; anche le banche hanno le loro colpe da emendare". Convinto che "l’Italia possa avere un futuro straordinario", Renzi ha deciso di candidarsi alla guida del Partito democratico per cambiarlo. Da qui l'arrembaggio all'establishment per quanto non perda occasione per ripetere che non ce l'ha col governo Letta. "Parlo di quel che serve all’Italia nei prossimi anni", si limita a spiegare. E incalza: "Non per fare il grillo parlante di quello che fa oggi il governo, ma per costruire un partito nuovo, che non conclude affari con i capitani coraggiosi, che sta in mezzo alla gente". A questo proposito, Renzi conferma la sua intenzione a ricandidarsi sindaco a Firenze, a patto che siano i fiorentini a volerlo. "Non voglio diventare un pezzo di burocrazia romana - assicura - voglio mantenere la freschezza che mi viene dal girare in mezzo alla gente, senza lampeggiante, con la mia bici". E la corsa per Palazzo Chgi? Non è interessato? Macché. È solo una posa. Il secondo mandato da sindaco, la politica in mezzo alla gente, l'avversione per i palazzi romani: fa tutto parte del copione che Renzi sta recitando. Non a caso per l'ex rottamatore, che da sempre punta a prendersi la leadership del Pd, la storia del doppio incarico è ridicola. "Il segretario di un partito ha quasi sempre un altro incarico - spiega - Bersani era segretario e parlamentare, Epifani è segretario, parlamentare e presidente di commissione. Il segretario del Pdl è ministro dell’Interno, il leader di Sel è presidente di Regione. Martine Aubry era sindaco di Lilla e segretaria del Ps". Quindi? Si accontenterà di fare il segretario e il sindaco? Pare difficile da credere. Anche perché la bega sul doppio incarico, che aveva infuocato i vertici di via del Nazareno, era tutta incentrata sulle due poltrone che fanno più gola alle pattuglie democratiche, quella di segretario e quella di aspirante presidente del Consiglio. Difficile credere che Renzi abbia scatenato un vero e proprio inferno tra le diverse fazioni del partito solo per rimanere a Palazzo Vecchio da segretario del Partito democratico. Possibile, ma difficile da credere.
Nella lunga intervista rilasciata al Corsera, il sindaco di Firenze non risparmia attacchi e critiche a nessuno. In primis, a Massimo D’Alema. "È una persona intelligente, ma questa sua qualità non lo mette al riparo da clamorosi errori di giudizio - tuona - el caso di D’Alema non è il primo, purtroppo per lui. Io ho 38 anni: posso aspettare. Il punto è che l’Italia non può aspettare". Con l'ex premier il braccio di ferro è sempre lo stesso. Questione di età anagrafica. Sotto sotto, Renzi sogna ancora di spedire l'ex premier ai giardinetti coi vecchietti. Insieme a D'Alema, d'altro canto, ci manderebbe tutta la "vecchia" prima linea del partito. Per questo non si fa alcun problema a ingaggiare polemiche e scontri con chiunque. Parlando di legge elettorale, per esempio, non risparmia rimbrotti nemmeno ad Anna Finocchiaro. "Il Pd è vincolato dalle primarie - le ricorda - decidono gli elettori che vanno al gazebo, non una senatrice che ha l’unico titolo di essere lì da trent’anni". Oppure, tornando ad affrontare la questione dell’amnistia e dell’indulto, torna anche ad affossare il capo del piddì in pectore, Giorgio Napolitano. "Ho un rispetto profondo per il presidente della Repubblica, per la figura istituzionale e per la persona - conclude - ma trovo irrispettoso proprio nei confronti di Napolitano trasformare un messaggio di 12 cartelle in un diktat, per cui bisogna far così e basta. Alcuni commentatori non lo sanno, ma il presidente della Repubblica è il primo a essere consapevole che la funzione del suo messaggio era stimolare il dibattito. Io ho fatto la mia parte.
Il falso unanimismo su questi temi è frutto di superficialità". Insomma, tutto sto pandemonio per tenersi lo scranno di Palazzo Vecchio? Macché. Renzi sogna il botto, ma il risultato delle primarie dell'8 dicembre non è affatto scontato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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