Renzo sulle orme del papà: voglio tornare al Senato

da Roma

Era il 6 marzo quando dalla finestra della casa di Carlo Cattaneo a Lugano Umberto Bossi si affacciò per riconsegnarsi al suo popolo dopo la lunga assenza forzata. E con lui, da quella finestra spuntò la testa riccioluta di Renzo, il primo dei tre figli avuti dalla moglie Manuela Marrone. Non fu un caso, perché - avrebbe spiegato il Senatùr - è stato «un messaggio chiaro su chi verrà dopo di me». «Quando passerò la mano, non certo adesso, qualcosa di me resterà. La mia famiglia resterà al servizio della Lega». Da allora, Renzo è rimasto affianco al padre in quasi tutte le occasioni pubbliche, da Pontida fino a Venezia, passando per le decine di feste della Lega di quest’estate. E ieri, insieme al resto della famiglia, al Senato c’era anche lui. Giacca scura, cravatta verde, per due ore è stato seduto nella tribuna ospiti di Palazzo Madama, sguardo attento e mani quasi sempre conserte. Con un’unica defaillance, quando dopo il voto si è fatto trascinare dall’entusiasmo e ha preso a battere le mani. «Un commesso mi ha subito fermato - dice con un sorriso - ma io non sapevo che in tribuna non si potesse applaudire». E la prima esperienza in Parlamento? «Era la prima volta - racconta mentre al gruppo Lega Nord del Senato vanno in scena i festeggiamenti del Carroccio - ma non ero particolarmente emozionato. Era un po’ che avevo voglia di venirci e sono contento di averlo fatto in un’occasione che per la Lega è storica». Impressioni? «Mi aspettavo che l’Aula fosse più grande, per il resto ho seguito il dibattito con mio padre che mi ha dato qualche indicazione su questo o quel senatore.

Ma molti visi li ho riconosciuti da solo». Sul futuro Renzo è possibilista, perché - ammette - «qui mi piacerebbe tornarci». Facendo politica? «Io sono della stessa idea di mio padre e par quanto mi sarà possibile porterò avanti le sue battaglie in ogni modo».

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