nostro inviato a Danzica
Che non sarebbe più «restato alla finestra» Silvio Berlusconi lo va dicendo ormai dall’inizio di agosto. Da quando, in sostanza, ha deciso di rispondere «colpo su colpo» alla campagna di Repubblica e alle critiche dell’opposizione. La vittoria della linea dei falchi, di chi da tempo andava consigliando il premier di lasciar perdere l’arte della mediazione e tenere testa agli attacchi. Ed è questo quello che il Cavaliere decide di fare appena conclusa la pausa estiva, con il primo Consiglio dei ministri del dopo vacanze ormai alle porte. E lo fa da Danzica, quando appena chiuse le celebrazioni del settantesimo anniversario dell’inizio della Seconda guerra mondiale si concede una lunga passeggiata per le vie del centro. Durante la quale ricorda il dramma della guerra e la miopia di chi pensava di potersi «spartire l’Europa senza pensare ai popoli», ma ha parole critiche anche verso la stampa, i giornali in particolare.
Non c’è alcuna irritazione nella sua voce, ma quello del Cavaliere è decisamente un crescendo. Che parte dalla citazione di Honorè de Balzac («Della modernità rifarei tutto tranne i giornali»), passa per una neanche troppo velata critica al Corriere della Sera («L’espulsione di una minoranza tedesca dalla Polonia è stata la scusa con cui Hitler l’ha invasa e il Corriere applaudì titolando “Fantastica operazione umanitaria”, bravi!») e arriva a colpire finalmente nel segno quando il premier è ormai davanti alla macchina che lo riporterà in aeroporto: «Repubblica è un super-partito politico di un editore svizzero con un direttore dichiaratamente evasore fiscale».
Si torna alle dieci domande, dunque, e al Noemigate. Questione di cui, almeno indirettamente, Berlusconi parla anche con il premier polacco Donald Tusk. D’altra parte, fa presente ironico il Cavaliere, «visto che alcuni giornali mi hanno fatto una pubblicità molto positiva, a conferma dell’amore che hanno per l’Italia, trovo normale dire la verità». Primo: «Non frequento minorenni, la signorina Noemi Letizia l’ho incontrata solo poche volte e sempre in presenza dei suoi genitori». Secondo: «Non ho mai dato soldi a meretrici». Terzo: «Non ho mai organizzato né partecipato a festini e in mia presenza non si sono mai verificati atti fuori dalla buona educazione. Eppoi, alle serate organizzate a Villa Certosa sono sempre presenti una quindicina di uomini della scorta, una decina di camerieri di cui alcuni esterni, una decina di orchestrali e i tecnici delle luci, anch’essi di ditte esterne». Insomma, «solo menti malate possono immaginare che ci siano cose del genere». E le dieci domande? «Non rispondo a domande insultanti, offensive e diffamanti. Ma se in altro modo me le avesse fatte un giornale diverso avrei risposto». Come d’altra parte aveva detto Gianni Letta a Ezio Mauro quando il direttore di Repubblica lo aveva chiamato per annunciargli l’intenzione di porre le ormai celebri dieci domande. Come è andata a finire si sa, visto che passati tre mesi il Cavaliere ha deciso di fare una causa civile al quotidiano di Largo Fochetti. La stessa risposta riservata ieri ad Antonio Di Pietro. Che dopo aver criticato in maniera piuttosto colorita gli accordi tra Italia e Libia e la presenza del premier a Tripoli s’è beccato anche lui una causa civile. Un deciso cambio di strategia, appunto.
Anche perché, spiega Berlusconi passeggiando tra i negozi d’ambra del centro di Danzica, il problema è soprattutto all’estero dove «ci sono giornali amici che si fanno imbeccare» da Repubblica. L’ultimo sondaggio, infatti, «dà il nostro gradimento al 68,5%, mentre i giornali che fanno certe cose perdono lettori, copie e credibilità». In qualche modo ce n’è anche per Veronica Lario e per l’ultimo libro di Maria Latella, Tendenza Veronica. «Io malato? Basterebbe vedere le cose che ho fatto in questi 15 mesi di governo per chiarire che non solo non sono malato, ma che sono Superman. Anzi a me Superman mi fa ridere... E mi raccomando, fate capire che lo dico col sorriso...».
Il Cavaliere torna poi sugli strascichi del grande freddo tra governo e Santa Sede. «Non c’è stata alcuna distanza», spiega, perché «abbiamo continuato come sempre i nostri contatti e il nostro dialogo pressoché quotidiano». Quello che intende dire Berlusconi, dunque, è che le scelte editoriali del Giornale non gli possono essere attribuite come d’altra parte, fa notare un ministro a lui molto vicino, «nessuno di noi attribuisce al Papa la linea editoriale di Famiglia Cristiana e di Avvenire». «Il governo - insiste il premier - non ha alcuna responsabilità per quello che è successo nelle diatribe giornalistiche». E sul biotestamento annuncia «una riunione con i capigruppo del Pdl alla Camera per stabilire il nostro comportamento».
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