Politica

La prima Repubblica vuole vendicarsi del Cav

Vizzini, Mannino, La Malfa: gli zombie della politica tramano per tornare in sella. Il virus della malapolitica non è stato debellato

La prima Repubblica vuole vendicarsi del Cav

Difficile dire se davvero stia finendo la seconda Repubblica. Di sicuro sta rinascendo la prima. Basta leggere l’elenco dei nomi di coloro che tirano le fila della rivolta contro Berlusconi: il primo membro del governo a prendere le distanze contro il governo (incredibile) è Vincenzo Scotti. Tipica manovra da Tarzan, nomignolo che si era guadagnato negli anni d’oro della Dc per la sua abilità nel passare fra una corrente e l’altra. Dietro le quinte, organizza la rivoluzione restauratrice Paolo Cirino Pomicino, o’ministro andreottiano, noto per aver guidato le finanze italiane negli anni in cui il debito pubblico esplodeva.

Poi ci sono anche: Giorgio La Malfa, Giuseppe Pisanu, Carlo Vizzini, Calogero Mannino... Mancano all’appello Tambroni e Clelio Darida, e poi sarebbe perfetto: come rivivere dentro una puntata di «Correva l’anno». Anzi, adesso che ci penso, per scrivere quest’articolo ci vorrebbe come minimo Jader Jacobelli.
Fateci caso: è come se le evidenti difficoltà del Cavaliere avessero risvegliato di colpo gli appetiti a lungo sopiti dei vecchi arnesi della politica. Diciassette anni di rivoluzione berlusconiana, nel bene e nel male, avevano scacciato dalla scena il vecchiume marcito fra scandali e dissesto dello Stato, avevano imposto a tutti aria fresca, rinnovamento e cambiamento, anche se non sempre si può dire che il cambiamento sia stato positivo.

Epperò adesso, all’improvviso, si riaprono i sepolcri, si scoperchiano le tombe e i volti semi-mummificati degli eroi della prima Repubblica tornano protagonisti, come in una scena del Ritorno degli zombie viventi. Vizi e intrighi, untuosità e manovre spericolate, dichiarazioni fumose e intrallazzi sottobanco: tutti quelli che negli ultimi tempi si sono schifati della politica, avranno di che essere soddisfatti. Facciamo un deciso passo avanti: se malapolitica dev’essere, basta con i dilettanti. Finalmente tornano in campo i professionisti.

Guardate i curriculum dei congiurati: Vincenzino Scotti, ministro berlusconiano autore dell’ultimo intervento antiberlusconiano, ha iniziato a far politica nel 1954. Avete presente il 1954? È l’anno in cui Gino Latilla e Giorgio Consolini vincevano Sanremo con la canzone Tutte le mamme e la Rai-tv iniziava ufficialmente le trasmissioni. E Carlo Vizzini? Ha respirato plasmon e Psdi fin da quand’era in fasce, s’è trovato il pentapartito infilato persino dentro il pannolino. Suo padre, Casimiro, è stato uno dei fondatori del rinomato partito socialdemocratico italiano, quello che ha regalato al Paese gli indimenticabili Nicolazzi e Cariglia. Lui, Carlo, ex enfant prodige, era già sottosegretario alle partecipazioni statali nel quinto governo Andreotti (1976), poi ministro delle poste nell’Andreotti VII e ministro con Craxi, prima di essere travolto da Tangentopoli.

Si occupava di Affari regionali: le regioni non ne hanno tratto gran vantaggio, gli affari chi lo sa.
Giorgio La Malfa è un altro figlio d’arte, un trota della prima Repubblica, in pratica. Ha ereditato il Partito repubblicano per discendenza paterna e l’ha allegramente portato alla distruzione, prima di essere ripescato come ministro da Berlusconi nel 2005. Ondeggia da sempre fra centrodestra e centrosinistra, come un altro Tarzan, avvinto all’edera, però. E vogliamo parlare di Calogero Mannino? Già nel 1971 faceva l’assessore alle Finanze della Regione Sicilia, senza che le finanze della Sicilia ne abbiano avuto un evidente beneficio, per altro. Il 1971, avete inteso? Era l’anno in cui cominciavano le trasmissioni di Capodistria e Luchino Visconti girava Morte a Venezia: Mannino faceva già politica con incarichi di responsabilità, preparandosi a diventare: sottosegretario al Tesoro nel governo Forlani, ministro della Marina Mercantile con Spadolini, ministro dell’Agricoltura con Fanfani, ecc ecc. Un curriculum ideale per garantire una svolta nuova alla politica italiana, no?

Dicono che il Paese abbia bisogno di recuperare credibilità. Ecco, perfetto: con Tarzan Scotti, La Malfa, Mannino, Pomicino, Vizzini e C. siamo a posto. Portano in dote, nei loro nomi e nelle loro storie, il marchio di credibilità migliore di questo Paese, quella prima Repubblica fatta di Caf e convergenze parallele, debito pubblico e corruzione dilagante, supercasta prepotente e intrighi di palazzo incomprensibili ai più. Che volete ancora per essere credibili? Per 17 anni il virus della vecchia politica era stato, bene o male, congelato, ma non era stato sconfitto.

E infatti, eccoli lì, i mostri sacri della nostra storia, gli zombie Dc, Pri e Psdi, i redivivi degli anni di melma che si rifanno sotto, non appena Berlusconi vacilla, e incalzano con le stesse tecniche di allora, gli stessi metodi, gli stessi contorcimenti lessicali e mentali. Proprio come Scotti, l’uomo del giorno: tanti anni fa faceva Tarzan passando da una corrente all’altra e adesso continua a fare Tarzan passando da ministro del governo a ministro contro il suo governo. Sembra impossibile, eppure lo fa. Manovra, intriga, intrallazza. E resta sempre aggrappato alla liana. Lui vive nella foresta, salta da un albero all’altro e non casca mai.

Siamo noi che caschiamo male, stavolta.

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