La resa di Fioroni sull’esame di riparazione

Caro Granzotto, visto come è finita, dopo le ultime proteste, la vicenda del «rinvio della formulazione del giudizio finale», vulgo esame di riparazione? Tanta enfasi sui corsi di ricupero come panacea, una mole di lavoro in più sul groppone di tutti gli insegnanti, inclusi quelli che non li terranno materialmente, e risultati finali forse persino controproducenti. Probabilmente saranno non pochi i pargoli che porteranno la firma dei genitori per evitare la frequenza ai corsi, soprattutto quelli estivi, tanto le verifiche lasceranno il tempo che trovano. A settembre, infatti, i consigli di classe dovranno obbligatoriamente «tenere conto dei risultati conseguiti anche nelle altre fasi del percorso di recupero», e il giudizio finale non dipenderà dall’aver raggiunto la sufficienza nelle singole materie, come sembrava fosse prima dell'Ordinanza, ma dalla «valutazione complessiva dello studente». Tradotto dallo scuolese: molto difficilmente qualcuno potrà essere, nei fatti, bocciato per soltanto una o due materie e c’è da dubitare che le stesse verifiche settembrine si spingeranno in profondità, proprio per non trovarsi con troppi casi problematici. Il risultato sarà che prima, almeno, chi non recuperava sapeva che si sarebbe portato il debito fino alla classe terminale; ora invece, e cito sempre dall’Ordinanza, «all’inizio delle lezioni tutti entreranno in classe senza debiti».


«In mancanza di una verifica seria sull’effettivo saldo dei debiti la scuola rischia di diventare come quelle banche coinvolte nella vicenda dei mutui subprime, con centinaia di migliaia di debitori costretti all’insolvenza e con le compagnie che le avevano concessi, ridotte in bancarotta». Queste, caro Gallotti, le parole di Giuseppe Fioroni allorché ripristinò gli esami di riparazione. E siccome io sono un probo cittadino, non posso, non voglio mettere in dubbio la parola e le specifiche competenze di un ministro della Repubblica. Per cui prendo sconsolatamente atto che, andati a farsi benedire gli esami di riparazione, la scuola sta peggio della Northern Rock Bank. La scuola è alla bancarotta. Sempre nelle vesti di probo cittadino non mi sfiora nemmeno il dubbio che Giuseppe Fioroni non sappia fare il suo mestiere. E che quindi non avesse bisogno di consultare il Mago Otelma per sapere che la sua Ordinanza avrebbe scatenato un putiferio di proteste. Alle quali far fronte, sempre che si intendesse evitare la paventata bancarotta, senza lasciarsi intimidire.
Ed infatti, come c’era da aspettarsi gli studenti giudicarono l’Ordinanza una minaccia al dolce far niente e alle promozioni automatiche tal quale gli scatti di anzianità. I genitori come una sciagura, prefigurando vacanze scombussolate. Il corpo docente come il tentativo criminoso di compromettere il meritato riposo estivo. I Padoa-Schioppa, infine, come un attentato al piano di riduzione delle classi. C’era da farsela sotto per la paura? Che diamine, non serve essere una Thatcher o un Sarkozy per mantenere una linea di fermezza di fronte a un dissenso motivato da così marginali (e per lo più irrilevanti) argomenti. Però, purtroppo, è necessario essere qualcosa di più di un Fioroni. E questo passa il convento, caro Gallotti, i Fioroni.

Grazie ai quali siamo daccapo a dodici e cioè con un apparato scolastico insolvente perché incapace di marcare la differenza - premiando i primi e penalizzando i secondi - fra quelli che studiano, si impegnano, e quelli che scaldano i banchi. «All’inizio delle lezioni tutti entreranno in classe senza debiti» recita l’atto di resa incondizionata del ministro. Che è come dire: «Todos caballeros».

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