Emanuela Ronzitti
L11 settembre del 2005 era stata ufficialmente dichiarata la chiusura del Residence Roma di via Bravetta, ieri invece lo spettro del degrado è improvvisamente riapparso davanti alla porta dellufficio di Nicola Galloro, il delegato del sindaco allemergenza abitativa. La richiesta daiuto arriva da sedici famiglie, tutte italiane e nullatenenti che, nonostante lo sgombero definitivo dello scorso marzo, continuano a occupare gli stabili fatiscenti del residence della vergogna, in attesa di strappare dal comune lennesima promessa di una collocazione abitativa definitiva. Ancora una volta, a farsi portavoce di uno dei peggiori cancri dellamministrazione Veltroni, una delegazione agguerrita di consiglieri comunali e municipali di An capitanata da Vincenzo Piso, Fabio Schiuma e Marco Marsilio. Ad attendere i rappresentanti di An fuori dagli uffici per alcune ore - nulla se paragonato agli oltre dieci anni di false speranze in attesa di unassegnazione dalloggio stabile - oltre una cinquantina di persone, per lo più donne in stato di gravidanza e disoccupate, molte delle quali invalide civili, esasperate dai continui rimpalli dellamministrazione.
Ancora una volta, grazie alla forza della concertazione, i consiglieri di An sono riusciti a strappare un incontro per giovedì prossimo durante il quale si discuteranno i tempi dellassegnazione, «entro ottobre - assicura Galloro - tutte le famiglie che abitano allinterno del Residence Roma avranno una sistemazione provvisoria, come è già avvenuto per altre 100 collocate in altri residence, in attesa poi di quella definitiva». Inoltre, secondo il delegato, alle 16 famiglie ancora residenti allinterno della struttura fatiscente di via Bravetta sarebbe stato offerto già da tempo il trasferimento in altre strutture residenziali come quelle di via Nicola Tagliaferri, nel quartiere Giustiniana e nella zona di San Basilio. Tuttavia, lofferta dellamministrazione comunale, nata sotto linsegna della precarietà, parrebbe non aver convinto le sedici famiglie costrette a vivere ai limiti dellemergenza sociale assieme a 300 senegalesi che occupano illegalmente, nonostante lo sgombero, molti degli appartamenti fatiscenti dello stabile di via di Bravetta.
«Non voglio fare la precaria a vita - reclama con tono esasperata Rosa - non voglio trasferirmi da un residence allaltro con il rischio di trovarlo già occupato, ho un marito con il tumore e sono invalida, ma non voglio vivere a carico della collettività». Non da meno è la situazione di Giuliana 40 anni sieropositiva e senza lavoro, e di Luigi 53 anni invalido civile abbandonato a se stesso. «Siamo riusciti a farci dare una data utile - commenta Marsilio capogruppo al comune di An - queste famiglie non accettano una soluzione provvisoria visto che sono anni che vivono nella precarietà».
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