Residence della vergogna, primo sgombero

Residence della vergogna, primo sgombero

Marcello Viaggio

Palmarola e San Basilio. Solo a mezzogiorno le 36 famiglie italiane in assistenza alloggiativa sgomberate ieri dal Residence Roma hanno saputo la loro destinazione. Neppure lo sbarco in Normandia era stato velato da tanto mistero. Top secret ogni particolare, probabilmente per evitare proteste. La tensione a Bravetta, però, era alta fin dal giorno prima, quando negli androni delle palazzine C ed E sono spuntati all’improvviso i cartelli che dicevano: state pronti, domani sarete trasferiti. Alle stelle la rabbia delle famiglie di italiani in assistenza alloggiativa nella palazzina A: a suo tempo il delegato all’emergenza abitativa, Nicola Galloro, aveva assicurato che sarebbero stati trasferiti per primi e loro soli. Niente di più falso. Molta tensione anche fra gli immigrati nel Residence: che sarebbe stato di loro?
Poi ieri, a mezzogiorno, il trasferimento della palazzina E (della quale oggi inizierà l’opera di demolizione) e di parte della palazzina C. Con tanto di scorta di polizia e carabinieri. L’operazione durata tutto il giorno: ieri verso le sette di sera l’ultimo fatiscente appartamento è stato svuotato, dopo ore di trattative e di proteste, tra chi si barricava in casa e chi si è fatto trovare con una corda al collo, chi ha minacciato di buttarsi dal balcone e chi ha tentato di darsi fuoco. Tanti modi per dimostrare la poca voglia di lasciare quelle case che queste persone in fondo consideravano come loro. La loro destinazione? Ventisei famiglie a Palmarola, XX Municipio, altre dieci a San Basilio, V Municipio. In due stabili interamente affittati dal Comune. Il Campidoglio giura che vi trasferirà le altre 90 famiglie italiane fra dieci giorni.
Avvolto nel mistero resta invece il destino dei circa 2mila immigrati attualmente a Bravetta. Molti segnali indicano però che è solo questione di tempo: potrebbero finire da un momento all’altro in via della Maglianella, a Boccea, XVIII Municipio, nell’ex convento dei Padri Irlandesi, che oggi può ospitare 1.500 persone. Fra tre-quattro mesi, dopo la ristrutturazione in corso, oltre il doppio. La situazione è talmente esplosiva che da mercoledì notte 90-100 abitanti, insieme allo stesso presidente del XVIII, Fratta, e a parecchi consiglieri, picchettano il convento ad oltranza, inalberando grossi cartelli: «Dalla Notte Bianca alle notti in bianco», «No ad un’altra Bastogi».
In ogni caso, siamo lontanissimi da una soluzione al problema assistenza alloggiativa, visto che gli italiani in attesa da tredici anni di una casa sono passati semplicemente da un residence all’altro. Una beffa. «Ci sentiamo umiliati» accusa uno di loro, Marco, sposato, tre figli, finito a Palmarola: Prima stavamo in una camera e cucina, ora in una camera e soggiorno con angolo cottura. Non è cambiato niente. Non ci hanno attaccato neppure la luce, dobbiamo comprarci il portalampada da soli.

Ci hanno trattati come bestie. Devono darci una vera casa». Nessuna parola dal Campidoglio neppure sul rimpatrio dei clandestini. Di controlli, al momento, non se ne parla. E se anche ci fossero, nessuno sarebbe così sprovveduto dal farsi pescare.

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