Devi prendertela con quel tuo amico se ora sono qui a scriverti queste due righe. Dai madre... Pare di sentirti. É che lui ha raccontato che quando cammina, di sera e nota una ragazza che si volta indietro, non esita: "Cambio marciapiede per non farla sentire a disagio. La capisco". Mi ha fatto tornare in mente un altro racconto. Altro ragazzo, altra storia. Si era appena lasciato con la ragazza. Le aveva chiesto di incontrala, ancora una volta. Un'ultima volta. La madre di lei l'aveva fermata. Non è più tempo per ultimi incontri. É che ci sono quei numeri che non sono numeri ma sono persone, sono donne, tante, troppe, e sempre più giovani, ferite, minacciate, uccise. Tutto questo sembra non riguardarti, perché tu non sei quel tipo di uomo e mai lo sarai. È facile pensare: "Non c'entro". E invece c'entri. Eccome se c'entri. Perché vivi, qui e adesso. Cammini in un mondo dove tutto sembra amplificato, nei gesti, nei sensi, nei rischi. Un mondo in cui ci si accoltella per una sciocchezza, dove le ragazze imparano ad avere paura del buio troppo presto e dove la vita sembra non contare più nulla.
C'entri, non per colpa, ma per presenza. Oggi, essere uomo è una responsabilità. Ed essere responsabili significa, da sempre, essere capaci di rispondere. È questo che vorrei dirti oggi, in questa giornata in cui tutto il mondo si tinge di rosso, si ferma a ricordare qualcosa che non dovrebbe mai essere dimenticato. Ecco, ti vorrei dire che tu fai parte dei necessari, di quelli che possono spostare l'ago, aggiustare la traiettoria delle cose. A volte, semplicemente cambiando marciapiede.
Quando parli con una ragazza, quando ti avvicini, quando la guardi, quando decidi di farle capire che ti piace, ricordati sempre che l'incontro non è un'impresa, non è un assalto, non è un test. È un luogo comune, uno spazio che si costruisce insieme. Se una ragazza è felice lo vedi, se è a disagio pure. Se ha bevuto tanto, credimi, lascia stare. Se una ragazza dice "non me la sento", "non voglio", "non adesso" non c'è niente di difficile da fare se non crederle. Anche se prima, tanto prima o poco prima, se la sentiva e voleva. Non interpretare, non pensare che forse dice così, ma potrebbe pensare il contrario. Non serve decifrare. Non serve interpretare i silenzi come rompicapo. Una ragazza che dice no, dice no. E questo forse la rende misteriosa, complicata ma non un fortino da conquistare. Il no è un punto fermo, non l'inizio di una negoziazione. Non è una sfida, è il confine. E rispettarlo non è galateo: è la capacità di notare. Di accorgersi delle piccole cose. Dette o non dette. Per lei come per te. Anche tu hai diritto di sentirti al sicuro. Se una situazione ti mette a disagio, non sei obbligato a dimostrare nulla a nessuno nemmeno a te stesso. Vale per te. Vale per lei.
Ti capiterà di chiederti se puoi fare un complimento senza risultare invadente, se puoi avvicinarti senza sembrare presuntuoso, se puoi essere gentile senza essere frainteso. La risposta è che puoi: basta che tu sia disposto a percepire la risposta dell'altra persona. Che tu sia disposto a fermarti, se lei si ferma; ad avanzare, se lei avanza. Che tu non abbia bisogno di forzare mai, niente, nemmeno un sorriso.
E non pensare mai di essere un intruso in questa battaglia perché tu non fai del male a nessuno. È proprio perché non lo fai che sei necessario.
Il mondo ha bisogno di donne che possano alzare la voce, ribellarsi, imparare a chiedere aiuto e dire no alla violenza, ma più ancora di vedere ragazzi diventare uomini che non alzano le mani, che non usano il controllo, che non impongono con la paura. Di loro, più di tutti. Perché sono quelli che spezzano la ripetizione. Non devi sentirti colpevole per ciò che non fai.
Ma devi sentirti chiamato in causa: il cambiamento viene da tutti gli altri che decidono di non essere indifferenti. Stare dalla parte delle donne non è un atto di cavalleria, né un esercizio retorico. É scegliere il mondo in cui vuoi vivere. È dire: questo riguarda anche me.