Retorica di sinistra: la democrazia è soltanto cosa loro

Guai quando una parte politica ritiene di avere le chiavi - o l’esclusiva - del Bene e del Giusto. Il fenomeno è comprensibile per il centro post-democristiano, dove credono di essere unti del Vaticano, se non addirittura del Signore. Invece dispiace particolarmente quando a esercitare questa specie di possesso sono la destra e la sinistra.
Il Berlusconi che dichiara di essere «il miglior presidente del Consiglio degli ultimi centocinquant’anni», almeno, ha l’aria di dire una battuta, e fa sorridere. C’è invece chi fa sul serio, attribuendosi tutti i meriti e le meraviglie che i Sacri Valori mettono a disposizione: come l’esclusiva della democrazia.
Ieri, i giornali orientati a sinistra erano una campionario magnifico di ciò che intendo. Un esempio per tutti, Curzio Maltese su Repubblica, in un articolo dal significativo titolo «Una bella giornata per la democrazia»: «Tre milioni di votanti, 50mila volontari in 10mila seggi, decine di milioni di euro raccolti. (...) È stata una grande giornata per l’unico partito al mondo che coinvolga tanti cittadini nella scelta del segretario, ma soprattutto per la democrazia». Non lessi niente di simile, né su Repubblica né sulle testate apparentate, per le vittorie elettorali del centrodestra, in particolare per quella del 2008, quando Berlusconi stravinse a larghissima maggioranza. Non erano elezioni ancora più democratiche? Che, inoltre, coinvolgevano tutto l’elettorato (decine di milioni di italiani) con i crismi dell’ufficialità e con la vigilanza dello Stato? No, si vede che quella non era democrazia: al massimo, si trattava di compagni che sbagliano, di camerati che fanno il loro sporco lavoro, di gente volgare instupidita dalla propaganda massmediologica del «nano di Arcore».
Quei voti dunque non contano, per chi apprezza la democrazia soltanto quando ti fa vincere. Infatti, riecco Maltese, incalzante: «...è una spallata al governo Berlusconi, già avvitato in un evidente declino. Una spallata vera e potente, che non arriva dalle élite e dai palazzi complottardi di cui favoleggiano i demagoghi, ma piuttosto da milioni d’italiani. Cittadini normali che si sono svegliati presto di domenica, messi in fila, versato un contributo, atteso i risultati fino a notte». Già, perché gli elettori con tanto di scheda elettorale, invece, cosa fanno, una lotteria? Evidentemente ci sono dei voti che, per i presunti iperdemocratici, contano più di quelli dei cittadini «normali», se tre milioni possono dare «una spallata vera e potente» a una maggioranza parlamentare sancita da una quantità molto superiore di voti «semplici»: perché provenienti da povericristi chenonsannoquellochefanno.
Questo atteggiamento aristocratico/oligarchico, fondato sull’esclusiva del Bene, dispiace proprio perché viene da chi dovrebbe - per definizione - avere un sacro rispetto della volontà popolare. Avere rispetto della volontà popolare è però difficile, quando la volontà popolare stride con i desideri aristocratici/oligarchici degli apparati e dell’intellighenzia annessa.
E non si tratta soltanto delle primarie e delle elezioni. Altri episodi non mancano. Un esempio fu il cambiamento a colpi di maggioranza del Titolo V della Costituzione, voluto dallo stesso centrosinistra che ora si straccia le vesti di fronte alla possibilità che il Pdl faccia operazioni simili. Che perdona il disastro compiuto da Bassolino in Campania, perché dispone di un buon parco clientelare, e vede come un mercato delle vacche le candidature di centrodestra per le prossime Regionali. Che ha strapazzato in ogni modo i presidenti della Repubblica non di sinistra - Segni, Leone, Cossiga - osannando qualsiasi cosa, anche sbagliata, facessero gli altri. Che manifesta per la libertà di stampa, contro le querele politiche ai media, e subito fa seguire una querela di D’Alema al Giornale. Che le istituzioni sono intoccabili solo se vengono toccate da altri. Che...
Certo, bisogna avere comprensione per chi ha subito una sconfitta e cerca di uscire da una grave crisi. È naturale che i politici e gli intellettuali battuti confortino le loro truppe a rischio di sbando. Fa così ogni padre, quando il figlio piccolo sbaglia, non ce la fa, si dispera, e bisogna dirgli che è il più buono, il più bello, il più bravo, che senz’altro ce la farà, più e meglio di tutti. L’impressione, però, è che i padri della sinistra ci credano davvero, di essere i migliori. Geneticamente, moralmente migliori. Sarebbe interessante ce ne spiegassero i motivi, quando come e perché hanno ricevuto o si sono conquistati questo dono divino.


In attesa di saperlo - sarà una lunga attesa - c’è da sperare che la destra trionfante non cada (almeno non di frequente) nello stesso, diabolico errore. La verità non appartiene a nessuno. Il dubbio, invece, dovrebbe essere di tutti.
www.giordanobrunoguerri.it

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