nostro inviato a Washington
Che lidea gli frullasse in testa da tempo non è una novità, altrimenti nelle ultime settimane non avrebbe a più riprese evocato il fantasma del 94. Ma da Santa Margherita Ligure, alla vigilia del suo viaggio negli Stati Uniti, Berlusconi ha deciso laffondo convinto che «chi rema contro» stia provando a passare in quella che lui stesso, rigorosamente in privato, ha definito «fase due». Già, perché secondo il Cavaliere, il timing delle vicende che nellultimo mese e mezzo hanno seguito il jaccuse della moglie non è affatto casuale. Prima la querelle sulle veline in lista, poi il caso Noemi, le foto a Villa Certosa e la polemica sui voli di Stato. In mezzo, le motivazioni della sentenza di condanna dellavvocato Mills, un processo che non riguarda direttamente il premier perché la sua posizione è stata stralciata in base al lodo Alfano. E nonostante il caso Mills sia stato quello che ha avuto meno ripercussioni sui giornali, sono in molti nellentourage di Berlusconi a temere che sia questo uno dei prossimi fronti. «La chiusura del cerchio, il punto di contatto tra lassedio mediatico-gossipparo e la mai dimenticata via giudiziaria», spiega un ministro molto vicino al premier.
Ed è in questa chiave che molti leggono la discesa in campo di DAlema, che già qualche giorno fa in unintervista serale a Red Tv non aveva esitato - pur senza nominarlo - a definire Berlusconi «un leader in difficoltà». Auspicando unopposizione «pronta ad approfittare» della situazione. Concetto ribadito ieri, questa volta da un tribuna decisamente più importante come quella di Raitre. Insomma, un salto di qualità. Che ha colto, lo confermava durante il volo che lha portato a tarda notte a Washington, anche il Cavaliere. Non a caso, il fuoco di fila del Pdl su DAlema è stato repentino. Con Boniauti («ha preso un colpo di caldo») subito seguito da parlamentari e ministri. E potrebbe essere proprio questa la «fase due» di cui parlava qualche giorno fa Berlusconi, convinto che prima di arrivare a quel «governo di emergenza economica» da lui stesso tratteggiato manchino ancora degli step fondamentali.
Il punto, insomma, non è tanto individuare il presunto «mister X» (e allorizzonte non cè solo Mario Draghi, foto a sinistra) destinato a succedergli ma i prossimi pezzi del puzzle. E non solo nel Pdl ma anche nella Lega qualcuno ricorda la battuta con cui Berlusconi ha chiuso il suo intervento davanti a Confartigianato: «Scusate ma devo andare, sto preparando un matrimonio tra Noemi e un avvocato inglese, un certo Mills...». «Tutto fuorché uno scherzo», fanno notare a Palazzo Chigi. Dove sono in tanti ad essere convinti che la cosiddetta «fase due» passerà per la pubblicazione di altre foto durante un appuntamento internazionale tanto importante come il G8 dellAquila e si chiuderà con la sentenza della Corte Costituzionale sul lodo Alfano. È qui che Noemi e Mills potrebbero saldarsi, portando - spiega il deputato Pdl Giorgio Stracquadanio - «la congiura di Palazzo su un piano più strettamente politico». Un giudizio di incostituzionalità aprirebbe infatti scenari del tutto imprevedibili. Con il processo Mills che riprenderà e oggettive difficoltà per la maggioranza a riproporre - anche nella forma di legge costituzionale - una norma che la Consulta ha bocciato e sui cui Napolitano non ha mai nascosto le sue perplessità. Solo a quel punto - la decisione della Corte è attesa per settembre, difficile invece che arrivi prima dellestate - entrerebbe in scena il «governo di emergenza economica». Perché nel Pdl sono in molti a dare segnali inequivocabili. Innanzitutto Fini, che vanta un rapporto di ferro con il capo dello Stato, luomo che avrebbe lultima parola sulleventuale decisione di sciogliere le Camere. Ma anche ministri di primo peso ed esponenti di rilievo del Pdl che si sono ben guardati dal difendere il Cavaliere durante i giorni più accesi del caso Noemi. Non è un caso che Berlusconi ne abbia lamentato più volte lassenza (soprattutto di uno) e che abbia rinsaldato lasse con la Lega. «Umberto è lunico di cui possa davvero fidarmi», ripeteva ancora ieri sera in aereo. Concetto ribadito dal Senatùr a Pontida e rilanciato dal capogruppo Cota: «La Lega vigilerà. E finché ci siamo noi, che siamo forza popolare, la democrazia non corre rischi».
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