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Ricarica il cellulare in ufficio e lo licenziano

Che non si debba rubare è ovvio. Che per chi ruba sul posto di lavoro il licenziamento sia sacrosanto, sembra un'altra ovvietà accettabile da tutti, anche dal più sindacalista dei sindacalisti. Figuriamoci in Germania, dove non saranno precisi come gli svizzeri, ma tengono comunque in gran considerazione serietà ed efficienza. Eppure il licenziamento di Mohammed Sheikh, un operaio pachistano che lavora (o meglio dire lavorava) in una fabbrica di imballaggi tedesca è difficile da credere. La colpa di Mohammed è stata quella di aver ricaricato il cellulare mentre era sul posto di lavoro. Un furto di elettricità bello e buono. Costato all’azienda, secondo i calcoli di un perito, ben 0,014 euro, meno di un centesimo e mezzo. Il licenziamento è scattato, inesorabile, nonostante l’uomo lavorasse per l'azienda da 14 anni.
Poco male, si potrà pensare. Avrà fatto causa e sarà stato reintegrato al suo posto. E invece, la severa magistratura del lavoro tedesca non ha avuto dubbi: la decisione era giusta e il licenziamento è stato confermato in tempi record, meno di due mesi. Ora le speranze di Mohammed sono appese a un ulteriore ricorso. Dove gli sarà rinfacciato anche di aver fotografato la macchina su cui lavorava: l'azienda non è arrivata a parlare di spionaggio industriale, anche perché Sheikh ha spiegato di «voler solo mostrare ai figli dove lavorava». Anche questo però gli avvocati hanno segnalato ai giudici come indizio di colpa.
Il caso ha fatto rumore, ma non è la prima volta che per colpe più che veniali in Germania scatta la mannaia del licenziamento subito confermato in tribunale. All’inizio anno, una donna che lavorava in un supermercato aveva usato per se due buoni che il negozio distribuiva per la restituzione dei vuoti in vetro dell'acqua minerale: valore totale, 1 euro e 30 centesimi. Anche in questo caso il supermercato è stato inflessibile e il giudice del lavoro di Berlino-Brandeburgo ha confermato la rimozione. Non è il valore che conta, dicono i magistrati, ma la fiducia tra lavoratore e datore di lavoro. Per chi la vìola, anche in modo infinitesimale, la punizione è inevitabile. Anche per chi, come la cassiera, era in servizio da 31 anni.
Ovvie le proteste dei potentissimi sindacati tedeschi, i cui rappresentati spesso siedono nei consigli delle aziende e che ne influenzano quindi i destini. Eppure, in questi casi, neppure loro sono riusciti ad ottenere nulla: la legge parla chiaro e il furto sul posto di lavoro, di qualunque entità, può essere punito con il licenziamento irrevocabile. Tutta colpa, o, a seconda dei punti di vista, merito, di un processo del 1984, il caso «Bienenstich». Che non è un nome, ma semplicemente una gustosa pasta farcita di crema, come quella che una sventurata commessa mangiò mentre stava lavorando in una pasticceria. Come ovvio licenziamento immediato. E processo diventato ormai un precedente. C'è a chi è andata meglio, come a un netturbino che si è portato a casa dalla discarica in cui gettava le immondizie un letto da bambino. In questo caso, gli inflessibili giudici hanno ritenuto che «non avesse recato alcun danno all'azienda, che non era comunque intenzionata a tenere il lettino».
Secondo i sindacati tedeschi, la difficile congiuntura economica incoraggia i datori di lavoro in questi licenziamenti. «Dato il numero di disoccupati e la volontà di ridurre i costi, le aziende possono permettersi di sbarazzarsi di uno dei loro dipendenti per un'inezia - ha spiegato Walter Thorsten, un esperto di lavoro della Dgb, la confederazione tedesca dei sindacati -.

Questo atteggiamento ha anche un effetto preventivo sugli altri dipendenti».

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