Un Riccardo III a caccia di redenzione

Il Riccardo III del Teatro Globe si concentra tutto su una scommessa che ignoro sia stata sottoscritta a priori dal regista Marco Carniti o, com’è più probabile, dal protagonista Maurizio Donadoni. Che ipotizza, recita e sottoscrive non l’ipotesi di un sanguinario vilain sulle orme di quel Macbeth che Shakespeare scriverà anni dopo la redazione di questa giovanile Storia Inglese. Ma, all’opposto, sul presupposto che il maledetto sovrano dell’isola verde sia stato condotto suo malgrado ad agire come un tiranno per colpa della sua sgraziata deformità.
Così questo incunabolo denso di riferimenti sia espliciti che criptici al farraginoso Titus Andronicus e ai famosi drammi senechiani di gran moda oltre Manica, diventa al Globe un assolo a volte strepitoso ma a tratti inevitabilmente ridotto all’esemplificazione di un caso clinico in cui se l’efferatezza regna sovrana il demonismo risulta quasi assente nonostante la tracotante baldanza di Donadoni. Che si muove nel suo sinistro corpaccione da eroe pantagruelico, carnefice sì ma soprattutto del proprio ego, su una scena bifronte. Divisa tra la platea e una sorta di primo piano prospettico dove una finestra a ghigliottina vomita dall’inferno sia gli scarni arredi che servono alla macellazione delle vittime che alla comparsa dei personaggi principali del plot.
In un richiamo non so quanto involontario agli episodi più truculenti della Rivoluzione del 1789 illuminato, questo sì, dai barbagli delle quattro grandi figure femminili. L’Anna di Federica Bern soavemente scissa tra l’attrazione e la ripulsa nei confronti del patriarca assassino, la vibrante duchessa di Paila Pavesi, la bellissima Elisabetta della regale e patetica Sandra Collodel che merita un elogio a parte e soprattutto la tragica Margherita d’Anjou della splendida Melania Giglio che, nella raffigurazione di questa Ecuba elisabettiana, esalta con magnifico pathos un ruolo spesso e volentieri sacrificato nell’economia del dramma. Che invece risulta fondamentale ogni volta che ne venga proposta una lettura psicanalitica come fece Claus Peymann nella sua memorabile edizione.

Che la lettura odierna sottoscrive ricavando da questa molteplicità di piani un’interessante proposta di indubbio risalto giustamente festeggiata dai giovani, anche se manca l’empito del grande impatto tra Riccardo e gli spettri delle sue vittime qui ridotto a una carrellata di echi fuori campo sotto un lenzuolo strehleriano.

RICCARDO III - di Shakespeare Regia di Marco Carniti, con Maurizio Donadoni. Roma, Teatro Globe, fino al 19 settembre.

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